Nel nuovo Museo Pirro Marconi (Tempio della Vittoria) un imponente e vasto edificio di circa 20 metri di lunghezza che ha porto alla luce fossette votive, bothroi, materiale ceramico (coppe, crateri, idrie, brocche) ed ossa. Si sta concludendo, nel quadro di una convenzione stipulata nel 2012 tra il Parco Archeologico di Himera e l’Università di Berna, la quinta campagna di scavi sul Piano del Tamburino, un’area dell’antica colonia greca di Himera. Questa campagna chiude una prima fase di ricerca che ha fornito nuovi ed importanti dati sulla funzione del Piano del Tamburino, che comincia a svelare grazie a queste indagini la sua funzione all’interno della antica polis greca di Himera. Sotto la guida della Professoressa Elena Mango (a sin. nella foto) dell’Università di Berna un’equipe di 13 persone, composta da assistenti, studenti e dottorandi delle Università di Berna, di Neuchâtel e di Tübingen, nonché di un restauratore, di una disegnatrice e dell’archeometro Hans Mommsen dell’Università di Bonn. La campagna di scavi prevedeva una parte di scavo ed una, altrettanto rilevante, di studio, disegno e restauro dei reperti archeologici degli ultimi anni. Quest’ultima ci permette di meglio inquadrare nel tempo le strutture ritrovate e di esporre alcuni ritrovamenti di rilievo in occasione del ricevimento di chiusura della campagna, che si svolgerà giovedì 14 luglio, alle ore 18.30, presso il nuovo Museo Pirro Marconi (Tempio della Vittoria) ad Himera. I lavori sul terreno si sono concentrati sue due zone attribuibili probabilmente a diverse aree sacre delimitate da un possente muro con entrata, di cui una è situata su un pianoro del Piano Tamburino, mentre l’altra si trova a ca. 120 metri di distanza in un punto più basso del pianoro. I lavori svolti permettono di comprendere la vita religiosa degli abitanti dell’antica colonia di Himera. In effetti è stato possibile identificare da un lato un imponente e vasto edificio di circa 20 metri di lunghezza e di probabile funzione centrale nell’ambito di un’area sacra, dall’altro un edificio consistente di più vani di dimensioni minori, che ha subito varie modifiche, nonché possenti strutture murarie adiacenti attribuibili ad un’area sacra a cielo aperto, dotata di due altari. In quest’area sono state portate alla luce varie fosse e fossette votive, bothroi e un abbondante materiale ceramico (coppe, crateri, idrie, brocche ecc.), osseo e malacologico, che permette di ipotizzare per questa zona una doppia funzione, legata sia alla deposizione votiva sia alla consumazione di cibo e bevande durante le celebrazioni in onore delle divinità.

Francesca Giunta