Si è tenuto nei giorni scorsi presso la sala delle Lapidi del comune di Palermo il secondo appuntamento di letture “Storie di viaggi e miraggi” all’interno della manifestazione “Winter Fest 2017”. Ad intrattenere il pubblico è stato l’attore Luigi Lo Cascio, noto per la sua sensibilità artistica e capacità interpretativa notevole. Ha letto per un pubblico numeroso e palpitante l’ultimo viaggio di Ulisse di G. Pascoli, una lettura non molto nota, l’attore è riuscito con la sua sensibilità a far arrivare al pubblico tutta la bellezza del canto, e la drammaticità simbolica in esso contenuto, in cui si parla di un’immagine di Ulisse diversa da quella che in genere conosciamo.
La figura di Ulisse, è una delle figure più affascinanti della letteratura, il guerriero coraggioso, imperturbabile di fronte alla morte, uomo astuto mosso dal desiderio della conoscenza.
Raccontato sotto varie sfaccettature, l’Ulisse di Pascoli è un uomo inquieto, emblema delle contraddizioni dell’animo umano, niente a che vedere con l’Ulisse , omerico o dantesco che tentò il folle volo, allegoria dell’arroganza dell’uomo, che non si accontenta.
Nell’Ulisse il viaggio è emblema della metafora dell’esistenza, conobbe molti uomini nei suoi viaggi e le menti di questi riuscendone a studiare la psicologia umana.
Il viaggio di Ulisse non è solo un viaggio fisico, ma un itinerario morale, perchè riesce l’uomo, a sopportare gli eventi, dominare con saggezza ed astuzia situazioni a cui viene a trovarsi. Per Dante Ulisse rappresentava la metafora della possibilità di perfezionamento intellettuale e morale. La sensibilità decadente di Pascoli vede, invece, Ulisse ripercorrere il viaggio ma in senso inverso. Tornato ad Itaca, dopo avere vissuto nella sua casa sognando il mare, decide di abbandonarla e rimettersi in mare. Davanti al fuoco domestico, si sente solo, fuori luogo, quasi inutile, “il mare lo chiama”,vuole tornare a tuffarsi nella vita trascorsa nei luoghi del passato dove crede di avere lasciato qualcosa. Ormai vecchio è assalito dai ricordi, preso dal rimpianto è un Ulisse nostalgico, malinconico. Mentre Penelope lavora col fuso,lui guarda le faville del fuoco del camino, ai suoi occhi appaiono stelle del suo adorato mare, a cui sente di non potere rinunciare nonostante la quiete della casa, che tuttavia diventa per un’animo come il suo una gabbia da cui vuol fuggire, per riuscire a dare altre risposte al suo spirito di ricerca, in fondo ha conosciuto luoghi, vissuto esperienze di ogni tipo, ma non ha ancora capito il senso del suo esistere.
Ripercorre tutte le tappe già battute, ma non riscontra nessuna delle figure del passato al punto di credere che le avventure trascorse siano solo il frutto della sua immaginazione. Le sirene non cantano e non rispondono ai suoi interrogativi esistenziali, Ulisse , così, si accorge di avere smarrito il senso del suo cammino e di avere perso forse anche la sua identità. Ulisse vuole ritornare al punto di partenza. L’isola di Circe appare disabitata, gli abitanti dell’isola che un tempo era dei ciclopi non hanno mai sentito parlare di Polifemo e della ferocia con cui aveva ucciso molti degli uomini di Ulisse. “il mio sogno finirà per dire, non è altro che un sogno”. “ Chi sono io, chi ero? “In questo viaggio scopre che nessuna conoscenza è mai certa. Pieno di tormenti comprende che non è riuscito a fare luce sui suoi dubbi , se vivere è un tornare al nulla è meglio non vivere affatto. Qui la tragedia esistenziale, dell’eroe e dell’uomo insieme. Veniamo al mondo, sopportiamo fatiche di ogni genere, ci innamoriamo, odiamo, tentiamo di dare forma ai nostri sogni per arrivare dove alla fine? Sul piano religioso troverremmo risposte di ogni tipo, ognuno tenterebbe di dare una giustificazione a tutto, ma un velo di tristezza regna sempre su qualunque risposta, una specie di rassegnazione per ciò che in fondo non sapremo mai con certezza, nessuno è mai tornato realmente dal regno degli inferi, se non per ricordarci la caducità dell’esistenza stessa.
L’ Ulisse di pascoli, è un personaggio che suscita in noi l’umana simpatia, ci attrae per la sua forza, ci intenerisce la sua inquietudine, forse che l’animo umano non sia altrettanto dominato spesso da questi sentimenti? Il volere andare e nello stesso tempo ritrovare ciò che a noi è più caro, in un gioco di scelte e compromessi difficili, che continuamente la vita ci mette difronte.
Non possiamo non pensare alla poesia di kavafis “itaca” che forse ci aiuta più di altri scritti a comprendere meglio il messagio dell’Ulisse di Pascoli, forse il senso di tutto stà nel viaggio, nell’augurarsi che esso duri a lungo e che nel nostro cammino ciascuno di noi possa nutrirsi continuamente di esperienze, tali da rendere il cammino bello, avendo nel cuore sempre Itaca per poi tornarvi. Un ritorno al punto di partenza forse è inevitabile.
L’importante è il viaggio, e nei versi di kavafis il senso di molte cose
“Itaca ti ha dato il bel viaggio,
senza di lei mai ti saresti messo
sulla strada: che cos’altro ti aspetti?
E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso.
Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso
già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare.
Itaca ti ha permesso il viaggio per farti intendere quello che persino lei stessa non avrebbe potuto darti. Itaca è il territorio dove dipanare la matassa delle nostre esperienze di vita. è quell’angolo remoto che permette di rivivere il viaggio e l’esperienza, la nostalgia è una compagna inevitabile, a volte dolce altre crudele, senza di essa non torneremmo mai all’origine delle nostre domande esistenziali. Felice che Palermo si sia risvegliata culturalmente, offrire opportunità di riflessione per la gente è sempre motivo di crescita, mi auguro che si moltiplichino le occasioni di fruizione pubblica di eventi come quelli del winter fest, dove riconosco che lo spessore artistico degli attori invitati è notevole.

Sabrina Miriana