L’autismo: “ una, sfida aperta”

Non è affatto semplice parlare di temi che necessitano di una conoscenza scientifica notevole, per non commettere errori e non turbalre la suscettibilità degli addetti ai lavori, nonché avere una attenzione particolare che non tocchi tasti dolenti che riguardano le persone direttamente coinvolte con questo problema “gigante”, l’autismo, di cui si parla molto di più che in passato con un’attenzione ed interesse sempre più partecipato.
Nella giornata mondiale per l’autismo, il 2 aprile, sancita dalle Nazioni Unite nel 2007, per divulgare conoscenza e sviluppare consapevolezza su questo tema, si svolgeranno in Italia tante manifestazioni, orientate a far luce su questo problema che colpisce molti bambini e rivoluziona sistemi e dinamiche familiari. È una giornata che si colora di blu.
Gianluca Nicoletti , giornalista, in un suo libro “Una notte ho sognato che parlavi” racconta la sua storia ed esperienza di padre di un figlio autistico.
Nel suo libro affronta il tema dell’autismo non come giornalista, ma come padre, che racconta una quotidianità contaminata da momenti di grande tensione per le difficoltà di gestione del figlio, ed anche momenti di grande tenerezza e riflessione sulla vita in generale, come se l’occhio di bue avesse puntato i riflettori sulla sua vita, trasformandola e portandolo a riflessioni che mai avrebbe pensato di fare.
L’autismo è un disturbo dello sviluppo neurologico che compromette l’interazione sociale, deficit nella comunicazione verbale e non verbale.
Nel libro si legge che Tommy, suo figlio è diventato nel tempo il suo radar sull’umanità, un ragazzo autistico non si lascia condizionare dall’apparenza, dalla mimica, dalle parole, semplicemente sente, e sente quello che tutto quello citato prima non fa sentire. L’autore racconta la difficoltà di essere genitori e coppia di un ragazzo autistico, gli altri spesso vedono solo comportamenti strani, ma dietro il comportamento strano di un ragazzo c’è tutta una grande storia da raccontare che solo chi gli stà vicino conosce realmente.
La gestione di un figlio autistico per una coppia che investe su un figlio, è una palestra di scontro reale tra due esseri umani, dove se non si è intelligenti e forti ci si può far del male, con accuse reciproche ed incapacità comuni di gestire la quotidianità.
Quando si scopre di avere un figlio con determinate problematiche, accade spesso che le coppie entrino in crisi, sovente accade che i padri vanno via, impauriti più delle madri, in molti altri casi i padri restano e diventano migliori, ci sono storie meravigliose di famiglie che con la loro esperienza quotidiana hanno dato esempio alto di cosa significhi amare incondizionatamente, di cosa significa sacrificare se stessi per un figlio, un figlio in difficoltà, in particolare .
Rispetto al passato la ricerca ha fatto passi importanti sulla conoscenza della malattia e sulla modalità di gestione psicologica dei bambini e delle dinamiche relazionali. I bambini autistici crescono, diventano adulti e le cose si complicano se non c’è una buona rete di sostegno, se non c’è qualcuno che lavori per la qualità della vita, serve ancora lavorare per la ricerca e per il sostegno alle famiglie.
Stare accanto ad un bambino autistico, oltre alle tante difficoltà che si vivono è comunque un’occasione per crescere, un bambino autistico, ti insegna che ci si può sentire amati senza necessariamente dovere corrispondere, senza essere imbrigliati in patti di sangue per cui dobbiamo ricambiare ogni milligrammo di attenzione che un nostro simile ha la generosità di attribuirci.
L’associazione di volontariato “Una breccia sul muro” ha di recente divulgato una favola per far conoscere ai bimbi, come sia un bimbo/a autistica.
“Così com’è successo alla Sirenetta, la strega ha rubato la voce anche a Mia, una bimba di tre anni. L’unico modo per farla parlare è avere degli amici bravi a trovare, con una caccia al tesoro, la pozione magica. Soltanto Mia riconosce la pozione; i bambini devono essere attenti e capaci a cogliere i suoi segnali. Tutti gli amici accettano di partecipare. Siamo all’interno di Romalandia. Il gruppo è pronto. La mappa della caccia al tesoro è fatta con le foto dei giochi del parco. È sempre Mia a scegliere le immagini. E gli altri la aiutano a posizionare sulla mappa la figura giusta. Mia quello che vuole non riesce a dire, ma ogni bambino pian piano può capire. Quando i bimbi l’hanno capita corrono tutti per raggiungere la giostra indicata da Mia: giocano insieme e sanno bene che stanno compiendo una missione segreta: quella di trovare la pozione magica. Così la caccia va avanti per due ore, sotto gli occhi sorridenti dei genitori. Gli amici sono stati dei supereroi, perché attraverso le indicazioni, gli sguardi e le risate di Mia alla fine sono riusciti a trovare il tesoro. E così i bambini hanno capito che anche Mia può comunicare, basta saperla amare. Ecco il tesoro: una grande scatola piena di caramelle e la pozione magica a forma di pizza bianca. È il premio per tutti. Ma il gioco ancora non è finito. Gli amici recitano, in coro, questa formula magica: magia, magia, grande magia: fai riavere la parola a Mia.
La parola, il dono più grande che un’essere umano possa avere, solo quando ne siamo privi comprendiamo il significato profondo di tutto, spesso questi bambini non sanno neanche chiedere “aiuto” ed un genitore o chi gli stà vicino vive la condizione allarmante di non sapere mai come proteggere abbastanza questi bimbi. Ancora una volta le favole ci insegnano che solo la sensibilità è la chiave di accesso per rendere migliore le relazioni , per saper andare incontro a chi è in difficoltà.

Sabrina Miriana