Ed oggi si celebra per volontà di papa Francesco, la giornata mondiale della povertà, istituita al termine del Giubileo, un’occasione ancora una volta per rinnovare l’impegno dei cristiani alla logica dell’accoglienza e gli uomini in generale alla riflessione sul senso di responsabilità verso gli ultimi.
Poveri si nasce , ma aimhè ci si può anche diventare se gli eventi diventano nefasti.
Nell’annuncio evengelico si legge: “Un Dio che si è fatto povero, chiede di amare i poveri”. L’incontro con i poveri è un’ invito alla compassione, all’amore per il prossimo, un momento importante di riflessione verso la nostra fragile natura, un’occasione per interrogarci sui bisogni dell’uomo.
Il mondo non è solo fatto di vetrine scintillanti e lussuose, ma di scantinati, e case umili.
Pultroppo poveri ci si può diventare per tanti motivi: una crisi economica, la perdita del lavoro, la perdita della salute mentale.
I padri della chiesa hanno sempre visto nell’aiuto del povero una vera e propria opera di misericordia e giustizia.
La povertà può anestetizzare il senso della responsabilità, inducendo a preferire la delega, la povertà avvelena i pozzi della partecipazione ed annichilisce quel pizzico di umanità che resta in lui. Un povero è prima di tutto un’uomo, perdere un’uomo è sempre una sconfitta per una società che si definisce civile, ma che permette ancora tante diseguaglianze.
Nessuno escluso dovremmo cercare di essere più attenti a ciò che abbiamo e a ciò che potremmo perdere, la gentilezza e la compassione profumano sempre.
L’indifferenza è un’errore, come lo è la presunzione di pensare che forse chi è povero se l’è cercata questa condizione, certamente per molti ci sono storie di sbandamenti esistenziali, errori di condotta, ma mai nessuno può essere totalmente giudice della vita altrui.
Dobbiamo reimaprare ad amare non con le parole, ma con i fatti, stare attenti a non esagerare col superfluo e a tendere una mano ed uno sguardo misericordioso verso l’altro che non è mai tanto lontano da noi.