Sulla paventata chiusura di alcuni punti nascite in Sicilia – tra i quali il reparto dell’Ospedale Giglio di Cefalù – discussa ieri nell’ambito dei lavori della VI Commissione Sanità dell’Assemblea Regionale Siciliana, si registra l’intervento di Carolina Varchi ed Ella Bucalo deputate di Fratelli d’Italia al parlamento nazionale.
“La collega parlamentare regionale di FdI Elvira Amata intervenuta oggi in Commissione ha sottolineato la necessità di non procedere alla chiusura – affermano – che noi condividiamo in pieno”.
Una posizione ribadita dinanzi agli amministratori del comprensorio madonita del Distretto 33, al sindaco di Cefalù Rosario Lapunzina, intervenuto in vece dell’intero Distretto 33 delle Madonie, dei Comuni del comprensorio dei Nebrodi e del direttore generale della “Fondazione Istituto Giuseppe Giglio” del nosocomio Giovanni Albano.
Nello specifico, le tre esponenti di Fratelli d’Italia sostengono che sia necessario un intervento normativo per adattare il requisito dei cinquecento parti richiesti, limite ormai troppo gravoso, per considerare necessario un presidio di natalità.
“Occorre tenere in debita considerazione – affermano Varchi, Amata e Bucalo – alcune tra le principali dinamiche che hanno attraversato la società nel corso degli ultimi decenni, a partire dal ridimensionamento della crescita demografica: un fenomeno che, congiuntamente alla desertificazione di alcune aree periferiche e rurali, alle condizioni orogeografiche del comprensorio, all’atavica assenza di servizi che consentano una mobilità semplice e fluida e all’estrema complessità della situazione infrastrutturale isolana, impone la necessità di rivisitare i parametri attuali e ridurre dunque la soglia minima dei cinquecento parti all’anno”.
Le due parlamentari nazionali, congiuntamente ad Amata, sollecitano una mobilitazione corale ai colleghi di maggioranza e opposizione, rivolgendosi anche alla deputazione dei Cinque Stelle che “proprio nell’attuale ministro della Sanità Giulia Grillo, siciliana pentastellata, ha un interlocutore politico diretto”.
L’invito rivolto a quest’ultima, nello specifico, è “mettere in atto interventi a tutela dei punti nascita esistenti privilegiando la salute e l’incolumità delle partorienti e dei bambini e tenendo conto delle specificità territoriali”, rivedendo inoltre la legge Balduzzi alla luce dei trend di nascita attuali.
“Il limite minimo di cinquecento nascite annue – concludono – non può essere un prerequisito essenziale in considerazione del calo demografico che riguarda non solo la Sicilia ma più in generale il territorio italiano: rifarsi a vecchie stime significherebbe chiudere tutti i punti nascita”.