I numeri hanno sempre accompagnato l’umanità fin da quando è nata la scrittura. Insieme al cibo, numerare o contare sono una necessità dell’essere umano, un meccanismo a cui ricorre per fare fronte alle proprie esigenze. Ma al di là del mero fine utilitaristico, c’è tutta un’altra prospettiva che attribuisce ai numeri un aspetto metafisico, un lascito che rimane con noi ad oggi e che continuiamo a tramandare, consciamente o meno. La numerologia, o studio dei numeri come elementi metafisici – dalle note esoteriche – che regolano il mondo, è una disciplina antichissima, sebbene non si sappia fissarne l’origine con certezza. Tuttavia, si tende a individuare nel filosofo e matematico greco antico Pitagora il fondatore della disciplina che descrive l’armonia e l’ordine dell’universo e dell’individuo; una disciplina che, con il tempo, si è arrivati a interpretare più in termini di superstizione, di fortuna o sfortuna, di buona o cattiva sorte nel gioco. Numeri fortunati e sfortunati forieri di prosperità o disgrazia, vita o morte, a seconda del paese a cui si guardi.

Pitagora maestro dei numeri

Ogni grande civiltà antica intratteneva con i numeri un rapporto mistico. Egitto, Grecia, Arabia, Cina… ciascuna di queste vedeva nel numero un elemento dell’universo. Il filosofo greco Pitagora viene definito il fondatore della numerologia per la sua visione speciale dei numeri come ciò che aiuta a spiegare il tutto, ciò che conforma l’universo. Tutto si traduce in numeri, l’essenza di tutte le cose. Le sue conoscenze sembrano derivare anche dalle antiche scuole misteriche dell’Egitto, da cui apprese gli insegnamenti che tramandò nella sua scuola. Per Pitagora, la natura è solo apparentemente disordinata. In realtà, è governata da ordine e armonia, e l’universo – parola che contiene il numero uno – è razionale e rispondente a un disegno numerico preciso. Accedere a questa conoscenza significa saper esplorare anche la propria interiorità, poiché i numeri si trovano anche nella propria data di nascita o nelle lettere del proprio nome. L’uno è il perno di tutto, l’unità divina, nonché il punto, che sommato a un altro punto (1+1 = 2) forma una linea, e se sommiamo un altro punto ancora (3), si crea il triangolo, la prima figura che racchiude lo spazio. Anche la musica, come suoni armoniosi o cacofonici poteva essere spiegata in base ai numeri.

Numeri dal mondo

Così come già nell’antichità erano diverse le culture che si rivolgevano ai numeri per trovare un ordine nell’universo o una via d’accesso all’esplorazione della propria interiorità, anche al giorno d’oggi si tratta del solito paese che vai, numero che trovi. Ogni cultura moderna ritiene che certi numeri siano associati a dei significati precisi, i quali possono essere condivisi tra culture diverse. Per esempio, secondo un’infografica di Betway Casino sui numeri (s)fortunati, sembra essere abbastanza diffusa l’associazione tra il numero 13 e la mala sorte. Tutto il mondo anglosassone ne è terrorizzato, tanto che non è anormale che nel numerare i piani di un edificio o le case di una via si ometta il 13 e si salti al 14 direttamente. La paura del 13 affonda le sue radici in tradizioni diverse, dalla mitologia scandinava a quella greca, alla cultura assiro-babilonese, secondo quanto riporta Focus.it. Nella cultura cristiana, il 13 rappresenta l’apostolo traditore, Giuda, per colpa del quale Gesù fu crocifisso, sembra di venerdì 13. Nella cultura cinese, secondo l’Istituto Confucio dell’Università di Torino – ed anche in altre culture dell’Asia – sono il 4 e il 7 ad essere aberrati come il 13, poiché associati alla morte per via della stretta assonanza con le parole che traducono “morto”, pronunciate similmente ai due numeri ma con piccole differenze fonetiche; nonché per il fatto che il settimo mese, in Cina, è quello dei fantasmi. Dunque, anche in Cina non troveremo il quarto piano di un palazzo, o il civico 4 di una via, come nemmeno tutti i successivi numeri che contengano il 4.

Italia…smorfiosa.

Anche in Italia il 13 può assumere connotazioni nefaste per via della tradizione cristiana che lo associa a Giuda e al giorno della morte di Cristo. Tuttavia, il numero che più peli fa rizzare è il 17. In numeri romani, infatti, si scrive XVII, che anagrammato dà il verbo latino VIXI, che significa “ho vissuto”, e dunque si associa alla morte. Ma in Italia, la tradizione numerologica riceve una considerevole influenza da parte della Smorfia napoletana. Si tratta di un manuale di interpretazione dei sogni, che aiuta l’utente a tradurre le visioni oniriche – immagini, gesti, oggetti, ecc. – in numeri, spendibili nel gioco del lotto per portarsi a casa una fortunata somma di denaro. Questa guida all’interpretazione dei sogni poco ha a che vedere con l’opera di Freud. Le sue radici affondano nell’antichità. Da un lato, sembra intrattenere una parentela con la tradizione cabalistica ebraica che attribuisce a ogni parola, lettera o segno un significato esoterico, per cui il mondo si comporrebbe di simboli da decodificare. Dall’altro, invece, si fa rimontare ad Artemidoro da Daldi, scrittore e filosofo greco antico che vedeva i sogni come messaggi ultraterreni da decifrare. Smorfia, infatti, sembra derivare dal nome di Morfeo, il dio greco del sogno. A Napoli, la Smorfia ha una fortissima tradizione, che si lega inestricabilmente a quella del lotto. Ciò che sogniamo può essere rappresentato in numero: la paura fa 90, il denaro 46, la gatta il 3, e così via.

Per riassumere, la numerologia accompagna l’uomo da secoli e si ritrova in culture diverse, ognuna delle quali interpreta i numeri a modo proprio, sebbene alcuni significati dei numeri sembrano rimanere uguali i paesi differenti. E anche l’Italia condivide significati, sebbene presenti il proprio distintivo manuale d’interpretazione: la Smorfia.