Rovistando tra le carte didattiche nell’intento di cogliere collegamenti tra la generazione studentesca precedente e quella attuale, mi ha sorpreso il dovere constatare la permanenza di problemi rimasti insoluti a circa venti anni di distanza temporale. Con la sorpresa maggiore di un senso civico già abbastanza elevato nei giovani di quella generazione, i quali attualmente sono, nei vari paesi del nostro circondario, membri della classe dirigente in ogni settore della vita associata.

Tra i problemi di cui ci occupavamo c’era anche quello dell’inquinamento ambientale, che in ambito scolastico veniva affrontato nel corso di fisica, insieme a quello dell’approvvigionamento energetico, già allora assai complesso in conseguenza del fatto che le fonti tradizionali erano divenute doppiamente insicure: perché destinate ad esaurirsi e, soprattutto, perché fonti di combustibili (petrolio e carbone principalmente) eccessivamente inquinanti. Dall’altra parte, le energie rinnovabili erano destinate ad essere insufficienti e quella nucleare aveva causato catastrofi ecologiche di dimensioni enormi, che  avevano creato un allarme tale da far chiudere in Italia le centrali già in funzione e inibire, per via referendaria, la progettazione di consimili fonti per il futuro.

La Lega Ambiente proponeva questionari da sottoporre agli studenti nell’intento di sviluppare la loro sensibilità riguardo a tali problemi e di elevare, anche tramite la loro partecipazione alla vita comunitaria, il senso civico della popolazione.

Dal sondaggio fatto nella nostra scuola (il liceo classico Mandralisca) emergeva un tasso di civismo tra gli adolescenti tale da farci sperare in un futuro meno gravato da problemi ambientali come quelli che allora erano in uno stadio avanzato. La nota che ci è sembrata degna di maggiore attenzione è stata risposta, quasi unanime, che indicava nella partecipazione dei cittadini l’atto “da cui dipende di più la soluzione dei problemi ambientali”. Prima di quella riguardante la scelta delle imprese e delle industrie, e delle iniziative delle amministrazioni locali. In penultimo e ultimo posto le iniziative del governo e l’azione delle associazioni ambientaliste.

Evito di commentare queste risposte: ognuno lo faccia da sé. Il nostro era allora un sondaggio volto a cogliere la verità del pensiero dei ragazzi, che rispondevano spontaneamente  e senza essere minimamente influenzati. Tanto che venivano esentati dall’apporre la propria firma in calce al questionario. Tali risposte vanno adesso lasciate all’interpretazione dei lettori, per una verifica di quanto abbiano o meno influito sul comportamento dei cittadini odierni, di cui loro sono la parte più responsabile.

Altro istogramma molto rivelativo è quello che attiene ai “Problemi ritenuti presenti con relativa gravità nella zona in cui viviamo”. Nel quale è proprio quello dello smaltimento dei rifiuti il problema ritenuto di maggiore gravità. Ove c’è, a mio avviso (che non ha il minimo intento censorio), una lezione che, riferita al comportamento dei cittadini, sollecita costoro ad essere puntuali, ordinati e disciplinati, nel favorire lo smaltimento più efficiente ed esaustivo.

In proposito, i ragazzi di allora dicevano che tra i “comportamenti ritenuti relativamente più idonei a migliorare l’ambiente” il primo fosse quello di “non disperdere i rifiuti (platica, barattoli … ) nell’ambiente”; e quindi di “portare vetro, carta, pile scariche negli appositi contenitore”. Di praticare, cioè, la cosiddetta “raccolta differenziata”, senza se e senza ma.E di questa si devono fare carico tutti, cittadini e governanti, ciascuno per la sua quota di responsabilità.

La scuola deve fare anch’essa la sua parte. La quale è la più importante, perché è quella scientifica, al di sopra delle parti intese nel significato deteriore del cicaleccio sterile e della protesta strumentale.

                               GIUSEPPE TERREGINO