Ore 17.58, ovunque voi siate,non solo sotto l’albero di via Notarbartolo di Palermo, sarebbe bello fermarsi davvero tutti per un minuto di silenzio per ricordare, aldilà dei fiumi di parole, polemiche e poesie, quelli che, giustamente definiamo eroi morti , sotto la mano tremenda di quella cosa dalla forma indecifrabile che si chiama mafia.
Si sono scritte davvero tante cose in questi anni ed oggi, sulla strage accaduta 27 anni fa lungo l’autostrada Palermo-Capaci, dovremmo spegnere tutte le radio dei commenti spesso inutili, per riprendere soltanto le loro voci, quelle di loro, degli eroi che per fortuna hanno rilasciato interviste, testimonianze che andrebbero riviste con attenzione, riascoltate attentamente, parola per parola.
Una in particolare cosi ritrovata per caso sul web, risale al 26 gennaio del 1989, Paolo Borsellino invitato all’Istituto Professionale di stato per il commercio Remondini di Bassano del Grappa, spiega con parole semplici ed esaustive cos’è la mafia a studenti del Nord.
Per spiegare la mafia dobbiamo capire prima cosa sono le leggi, e da buon giurista nel corso della lezione, spiega che le leggi sono comandi e divieti che vanno osservate pena sanzione, il magistrato spiega che la gente, o meglio la maggior parte della gente rispetta le leggi non per la conseguente punizione che ne scaturirebbe nella non osservanza delle stesse, quanto perchè le ritiene giuste per la sana convivenza civica.
Una legge deve garantire imparzialità d’azione, chi rispetta lo Stato è perchè ne riconosce la Sovranità e in essa ne ripone fiducia, ma quando questo vacilla non garantendo più l’equilibrio e fiducia riposta, l’uomo è indotto a ricercare qualcosa o qualcuno che faccia quello che avrebbe dovuto fare lo Stato, la questione meridionale docet.
Il problema è che questo altro, la mafia, spiega Borsellino nell’intervista, diviene un surrogato malvaggio di quello che dovrebbe svolgere la legge riconosciuta dai molti ed allora bisogna fermarsi e pensare.
Abbiamo bisogno di legalità, di uno Stato forte che ci rappresenti con uomini onesti e per bene, le litigiosità indeboliscono le reti fragili dei rapporti umani e creano sfiducia, facendo cosi attecchire le logiche del potere autoreferenziale, bisogna stare molto attenti e ripercorrere nuovi meccanismi di recupero del consenso.
Chi era Giovanni Falcone che oggi ricordiamo con la sua scorta? Era un uomo di legge, un’uomo che ha saputo portare un nuovo modo di fare tecniche di indagine e ha capito che tanto i magistrati ,quanto gli inquirenti dovevano entrare per essere vincenti nella stessa lunghezza d’onda del sentire il senso del dovere e della giustizia.
La lotta alla mafia non doveva essere solo un’ opera di repressione, ma un movimento culturale.
Le stragi hanno sollevato le coscienze che si sono ribbellate al puzzo delle complicità, compromessi, deve vincere l’aria fresca dove forte è il senso del dovere e della giustizia.
Abbiamo bisogno di gente che faccia bene il proprio lavoro, siamo stanchi delle logiche clienterali, siamo stanchi del baronaggio subdolo nei luoghi dove dovrebbe essere dato spazio al talento e meritocrazia, siamo stanchi del mercato che schiaccia i lavoratori.
Dobbiamo pretendere che chi ci governa sia coerente con gli impegni che prende, che venga garantita la giustizia e l’equilibrio nelle azioni.
Le alleanze vincono, non gli scontri, quella foto straordinaria che ritrae Giovanni Falcone e Paolo Borsellino vicini, complici benevoli di una lotta comune sono una testimonianza che và oltre la foto, dobbiamo leggervi il testamento che in essa è contenuta, la solidarietà d’intenti.
Qui invece assistiamo ad azioni che oggi hanno anche offeso la memoria dei nostri eroi, disertando i luoghi dove tutti dovevano essere schierati insieme, perchè insieme si vincono le battaglie.
Cari ragazzi io, lo ricordo come in tanti quel giorno maledetto in cui le radio, i telegiornali ci portarono la triste notizia di quella tragedia, ognuno nelle proprie case fece delle riflessioni ed un po’ di paura l’abbiamo provata tutti.
Chi brindò quella sera nelle carceri ed altrove per la morte degli uomini onesti, non può considerarsi un essere pensante.
Quella sera morirono uomini che facevano il loro dovere, ed è questo quello che dobbiamo continuare a fare, ciascuno per quello che gli compete deve fare il suo dovere.
Palermo invasa dai giovani si veste di una bellezza fresca oggi, i venti possono cambiare, il vento è già cambiato da qualche anno, ma occorre andargli incontro, le nostre azioni seminano il futuro di chi verrà, dobbiamo seminare bene.
Ringraziamo l’artista Ema Resart per averci concesso gentilmente i suoi dipinti, che ritraggono i nostri eroi in copertina , insieme, sorridenti, li il loro testamento.