Antonello da Messina Portrait of a Man Oil on panel, 12-14 x 9-5/8 in (31x 24.5 cm) Museo della Fondazione Culturale Mandralisca, Cefalu (Palermo)

Viene veramente da piangere. Come si sia potuto arrivare così in basso da dover chiedere l’elemosina per una istituzione culturale che forse non ha uguali per ricchezza di materiali di studio, per pregio e importanza delle opere custodite, per l’alto valore morale del suo esistere, è cosa che non si riesce proprio a capire. Quale sarà il futuro di Cefalù è probabilmente scritto nell’esito di questa incredibile vicenda. Se non c’è un soprassalto di orgoglio della cittadinanza nel rivendicare il riconoscimento della Fondazione Mandralisca come patrimonio inalienabile e insurrogabile dell’intero circondario delle Madonie, perché questo da essa ha tratto la linfa vitale del sapere lungo un più che secolare arco temporale, l’avvenire di Cefalù sarà una discesa verso il degrado della sua identità, da capoluogo morale del territorio a cittadina senza lustro e senza altro significato al di là di un sempre meno attraente mercato consumistico.

Quando si vuole parlare di rimedi, non si pensi a soluzioni di genere improprio. Non c’è alternativa valida per una fondazione come la nostra se non quella auspicata dal Fondatore, il quale ne intendeva fare la custode di quanto egli riteneva dovesse bisognare al suo unico erede: il Liceo, per intenderci. A questo erano destinati tutti i suoi beni, e in modo particolare quelli che oggi hanno una destinazione museale. Destinazione che va benissimo. Purché sia sempre intesa come risorsa insurrogabile a disposizione degli studiosi, non soltanto di Cefalù e del comprensorio, ma di tutti quelli che vogliono conoscere il frutto delle incessanti ricerche in vari campi dello scibile da parte del munifico Barone. Il quale non era un “Gattopardo” rassegnato all’immutabile destino della sua terra, ma un lungimirante intellettuale, che alla cultura annetteva la funzione di riscatto della gente dal bisogno e dalla servitù. Cosa bene avvertita dalla cittadinanza tutta di allora, se un vecchio contadino che si riteneva ignorante in assoluto (mi riferisco al poeta Carmine Papa, che così si autodefiniva) poteva auspicare, alla inaugurazione del Liceo, la fine dell’ignoranza e l’immortalità del Mandralisca perché si era fatto promotore del nuovo stato di cose.

Non vorrei che oggi fossimo tornati indietro di un secolo e mezzo minimizzando il danno della chiusura di una istituzione culturale come la Fondazione Mandralisca. Questa non merita un tale affronto. Se non altro perché per vari lustri ebbe a sostenere, quando non era ancora avvenuta la statalizzazione della scuola, l’onere della istruzione pubblica nel suo Liceo, che è stato la fucina di veri ingegni, quali sono stati molti degli intellettuali formatisi in esso. E poi non ha mancato di “prestare” all’istituto reperti naturali, modelli e strumentazione di grande pregio ed efficacia didattica. Questo solo dovrebbe bastare per farla annoverare fra le istituzioni scolastiche con pieno diritto a un sostegno statale congruo e continuativo. Senza pause, perché lo studio e la ricerca non conoscono vacanze e soffrono quando ne sono costretti.

Questa nota, lungi dal volere essere un rimprovero per chicchessia, è dettata dalla nostalgia di quando nel palazzo del Barone era ospitato il liceo che porta il suo nome e il portone non si chiudeva mai. Ogni mattina la campanella chiamava i giovani in sosta dinanzi ad esso ad attraversarne la soglia per ricevere il pane del sapere. Non sembri retorica questa, perché è un atto di gratitudine da parte di chi poté fruire di una istruzione, per soddisfare le sue inclinazioni naturali, superiore a quella che poteva toccargli senza il supporto della Fondazione che adesso si vuole ridimensionare se non proprio sopprimere. Vogliamo auspicare che questo non avvenga e che si verifichi, invece, la rifioritura della Fondazione stessa nella direzione per cui è stata posta in essere. Le risorse non potranno mancare se i cefalutani di oggi sapranno farsi carico di una eredità della quale possono menare vanto a cospetto non solo della Sicilia, ma dell’Italia e del mondo; soprattutto di quello chiamato a salvare l’Europa dalla barbarie che avanza.

GIUSEPPE TERREGINO