In un momento (speriamo che resti un momento) in cui le case di riposo soffrono più d’ogni altro luogo la tragedia della pandemia da coronavirus, è certamente di conforto sapere che ce ne siano ancora di quelle – come la casa promossa dalla pubblicità in codesto sito – che pongono il “calore umano” al vertice di ogni loro medicina. Un programma questo che fu anche il fine primario della vita di una donna di altissimo livello intellettuale, quale fu per l’appunto la scienziata che nel secolo dei lumi, quando veniva elevata a rango di divinità la ragione umana, seppe dimostrare come la stessa ragione, quando fosse supportata da una fede religiosa autentica, qual era la sua nella Rivelazione cristiana, ben potrebbe comprendere quelle ragioni che Pascal riteneva, con rammarico, non fossero da essa intese.

Si tratta di Maria Gaetana Agnesi, la quale, dopo avere ricevuto, pur essendo donna, tutti gli onori che uno scienziato poteva attendersi dal mondo accademico, nonché i complimenti ammirati da parte delle autorità supreme della terra (il Papa e l’imperatrice in carica), seppe volgersi, senza voltarsi indietro dopo aver messo mano all’aratro, a coltivare la gloria di Dio nell’amore del prossimo. E questo fece con una lucidità di mente e una forza di spirito che non può non lasciare ammirati quando si legga il motivo della sua decisione: «L’uomo deve sempre operare per un fine, il cristiano per la gloria di Dio. Finora spero che il mio studio sia stato di gloria a Dio, perché giovevole al prossimo, ed unito all’obbedienza , essendo tale la volontà e genio di mio padre: ora, cessando questa, trovo mezzi e modi migliori per servire a Dio , e giovare al prossimo ed a questi devo e voglio applicarmi».

E a questi mezzi e modi si dedicherà – come tutti sanno – senza risparmio neppure della sua stessa vita, oltre che delle sue risorse materiali nel servizio al prossimo più diseredato e sofferente, che nella Milano del suo tempo era tanto benché non mancasse del tutto l’attenzione dello Stato. Un’attenzione che trovò nella Agnesi una esecutrice saggia e oculata come direttrice del reparto femminile di quel Pio Albergo Trivulzio, dove lei volle soprattutto servire più che comandare, fino a voler essere ospite a pagamento.

Una lezione la sua ancora oggi e forse soprattutto oggi di esempio per i gestori e i governanti, di ogni livello, delle istituzioni pubbliche. E una testimonianza che meriterebbe come minimo il riconoscimento ufficiale dell’eroismo nella pratica delle virtù cristiane. Anche se il tradimento dello spirito iniziale della casa del suo servizio agli anziani, l’adesso famigerato Albergo Trivulzio, ha fatto diventare questo istituto il capofila di eventi come Tangentopoli e adesso la decimazione degli anziani delle cosiddette Rsa. Perché la sua testimonianza non può essere stata offuscata dalle malefatte dei suoi successori.

Come testimonia la commemorazione filatelica nel trecentesimo anniversario della sua nascita (nacque infatti il 16 maggio del 1718).Una commemorazione che porta il segno del suo genio matematico (la famosa curva denominata Versiera di Agnesi), ma che comprende anche il suo impegno umanitario, protratto per molti anni anche prima della funzione di Direttrice (la prima) del Pio Albergo Trivulzio, dove trascorse gli ultimi 15 anni della sua vita, dal 1783, data di apertura dell’Albergo alle persone anziane e inabili, al 1799, data del suo passaggio alla vita eterna. Gli ultimi quindici anni che –  secondo il suo biografo F. Joannes – «si trasfigurano in una quotidiana ed eroica lotta condotta in mezzo al dolore rispettato e santificato e alleviato».

«Dobbiamo considerare – continua lo Joannes – che in questo periodo l’Agnesi è ultrasessantenne. Di giorno passa continuamente a controllare e animare le attività lavorative delle donne sane, siede persino tra loro a cucire, filare, tessere, e di notte siede per lunghe ore al capezzale delle malate gravi, assiste per notti intere le moribonde, offre loro servizi umilissimi e disgustosi che altri non se la sentono di fare».

Il suo cuore vibrava senza sosta nella direzione di quella umanità sofferente che era il suo permanente assillo sentimentale. Tanto da non volersi distaccare dalle ricoverate del Pio Albergo Trivulzio neppure in punto di morte. Sicché – come dice il citato Joannes – «gli ultimi giorni della donna che fu una grande scienziata diventano quelli di una grande mistica che vuole seguire sino alla tomba i suoi più grandi e amati amici».

Sino alla tomba. In quella tomba in cui non può riposare serena al sentire quello che i suoi indegni epigoni stanno irresponsabilmente combinandoin quel tempio del dolore sacralizzato dalla sua incommensurabile testimonianza di amore.

Giuseppe Terregino