Giuseppina Torregrossa, scrittrice siciliana molto conosciuta tra il pubbllico che ama leggere la sicilia tra le righe, rende omaggio alle madonie con un bellissimo romanzo uscito nel 2011, dal titolo particolare Manna e miele, ferro e fuoco.
Una storia avvincente ambientata tra le campagne della bella Gangi e Castelbuono, nella sicilia di fine 800′, intervallando alla storia romanzata fatti realmente accaduti che vanno dal dominio borbonico ai fasci siciliani e la triste vicenda dei carusi delle zolfare, nell’entroterra siciliano.
Il racconto è la storia di un viaggio dentro un mondo contadino in cui si sentono sapori, profumi d’arance, cannella i, valori, abitudini contadine che conservano tutta la bellezza della storia madonita, come uno scrigno da conservare.
C’è la storia di una famiglia che vive a Gangi, Alfonso, mannularu, lei Maricchia, dedita al miele, vivono nella semplicità una vita fatta di molti sguardi e poche parole.
La nascita di una bimba Romilda, la quarta di tre figli maschi fortemente voluta dalla mamma, genera una serie di cambiamenti nella vita domestica una bimba sin da piccola diversa dal comune, intelligente, ribelle, verso la quale il padre riversa il sogno di lasciarle un’eredità particolare, la raccolta della manna, con tutta la saggezza contadina che vi stà dietro, perchè raccogliere la mamma non è solo un fatto ripetitivo è un rito che richiede pazienza, cura, esperienza, passione.
La bimba viene vista dal prepotente Francesco Ventimiglia, un giorno al mercato di Cefalù, quando lei è ancora piccola, e promessa a lui in sposa, quei riccioli bambini e quello sguardo furbo, fulminano Francesco, la cui storia è anch’essa particolare.


A soli 13 anni la piccola entrerà nelle stanze del potente Ventimiglia e li non solo perderà la sua infanzia, ma anche la sua libertà e felicità.
Il destino di Francesco e di Romilda si incrociano in un destino in cui altri scelgono per loro.
Romilda conoscerà la prigione dell’anima, diventerà presto madre-bambina e sarà costretta a vivere una vita che non le appartiene, nutrendo in seno rancore e veleno, per i tranelli, le bugie che le sono state dette.
Nelle stanze sfarzose, che la costringono nel corpo, imparerà a leggere e scrivere, la sua mente si aprirà verso nuovi orizzonti, non imparerà mai ad essere una buona madre, troppo piccola per quel ruolo, e incattivita per il tradimento della sua famiglia d’origine dimenticherà presto cosa sia l’amore, la sua gravidanza è solo frutto di un dovere accontentare le voglie del marito- padrone, deciderà dopo la morte di Francesco Ventimiglia, di ritornare nella sua bella Gangi alle sue origini , ritroverà solo i fratelli, i genitori non ci sono più, loro che per avidità, paura, non certo amore, l’avevano consegnata picciridda ad uno potente che su di lei aveva messo gli occhi, ma chi poteva ribbellarsi ad un barone a quei tempi?Romilda ,ha bisogno di ritrovare la pace persa e riconciliarsi con il suo mondo, le sue origini e cosi avverrà.
Manna e miele, ferro e fuoco sono simboli che accompagnano tutto il racconto, si alternano sapientemente pagine gentili e generose con altre violente e crude.
Romilda cercherà una nuova pace e proverà a modificare il destino che altri avevano deciso per lei, questo la condurrà in un viaggio interiore, fatto di travagli per poi comprendere che l’unica cosa che realmente conta è la libertà, non l’avere, ma l’essere.
Una donna rivoluzionaria per quei tempi, chissà quante altre donne avrebbero voluto ribbellarsi a quei tempi ad un destino fatto solo di soggezione.
Un bel libro, pieno di colpi di scena e risvolti inaspettati tra le campagne delle nostre madonie che profumano di cannella e cose buone.

Sabrina Miriana