Costituzione – Articolo 33
L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento.
La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi.
Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato.
La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali.
E` prescritto un esame di Stato per l’ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l’abilitazione all’esercizio professionale.
Costituzione – Articolo 34
La scuola è aperta a tutti.
L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita.
I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.
La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso.

Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato.
Stupisce un insegnante del buon tempo antico l’enfatico omaggio alla tecnologia digitale per il supporto dato da questa all’attività didattica on line durante la chiusura delle scuole a causa della pandemia. Nulla di male fino a questo punto. Piuttosto discutibile ci sembra, invece, il pronostico dell’adozione di tale tecnologia in via ordinaria nella scuola del futuro, come se si trattasse di un significativo passo avanti della didattica sia sul lato della trasmissione della conoscenza che della formazione.
Sarà così. Ma qualche dubbio lo lascia un tale obiettivo; soprattutto in chi pensava che a una tale prassi potesse corrispondere lo scadere dell’insegnamento nella robotizzazione dei protagonisti (docenti e discenti).Per questa via ridotti a trasmettere e subire una conoscenza standardizzata, funzionale agli interessi delle multinazionali dell’industria digitale e della robotica nella direzione di un nuovo contesto umano: quello di una società «strutturata e pianificata sulla base di forme di razionalismo scientistico e di produttivismo tecnologico portate all’eccesso, il tutto in funzione del progresso e della sua attuazione, inteso come l’Assoluto». Che è la società descritta da AldousHuxley nel suo profetico Brave New World del 1931.
La quale società – come fa rilevare Giovanni Reale – se da un lato «garantisce benessere e continuo miglioramento», questo richiede un prezzo, «uno solo, ma assai elevato:la rinuncia alla libertà». In essa, infatti, «la vera arte, la libera ricerca del sapere, l’autonomia spirituale e i profondi sentimenti dell’animo umano sono considerati mali e vengono repressi».
Proprio l’esatto contrario di quello che recita l’articolo 33 della nostra Costituzione: L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento. Un monito, questo, che i Padri costituenti vollero mettere in primo piano nell’articolo che regolamenta l’insegnamento in tutti i suoi ordini e gradi, per sottolineare il passaggio dal precedente regime totalitario al neonato stato repubblicano e democratico. Perché i cittadini potessero essere artefici non soltanto del loro status sociale riguardo all’economia e alle regole della vita civile, ma anche e soprattutto della Cultura in ogni sua espressione, dove potesse emergere la creatività del singolo nel suo rapporto dialettico con la collettività.
Non meno grave è la negatività di una tale didattica sotto l’aspetto della giustizia sociale, dato che essa inevitabilmente determinerebbe l’emarginazione dei ragazzi appartenenti alle categorie sociali meno abbienti, stante la diseguale possibilità di possesso e di uso degli strumenti idonei all’apprendimento a distanza. Il che sarebbe un ulteriore vulnus alla Costituzione, dove questa assicura (v. art. 34) che I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. A meno che il sistema scolastico non si attrezzi in modo da evitare simili discriminazioni sotto il profilo pratico e non provveda a ridimensionare lo svantaggio di chi vive in un contesto familiare privo di opportunità di accesso al sapere, quali possono essere biblioteche familiari adeguatamente fornite, congiunti in possesso di un alto grado di competenze specifiche, occasioni di visite guidate in musei e città dotate di un cospicuo patrimonio di beni culturali.
Finché questo non sia possibile, diventa anche irridente minimizzare il danno prodotto dal coronavirus grazie al supporto della tecnologia digitale per l’insegnamento on line. Si dica invece che tra i mali della pandemia generata da tale minuscolo agente infettivo, quello della chiusura delle scuole non è certamente il minore. Soprattutto perché danneggia di più quella categoria sociale sulla quale ne ricadranno maggiormente i danni, sul lato economico e non soltanto: in quantosarà inevitabile l’accentuarsi dello smarrimento dei valori tradizionali nei quali i giovani, per la temperie consumistica del recente passato, sono stati sempre meno portati a credere.
Valori che lo scientismo didattico non aiuta a recuperare, perché viene a mancare l’illustrazione di quelle svolte di pensiero che nelle diverse discipline (compresa la matematica) hanno costituito non solo l’acquisizione di nuove conoscenze, ma anche e soprattutto la presa di coscienza della propriaidentità da parte dello spirito umano nel suo processo di autodeterminazione. In cui sta anche la conquista di valori non surrogabili senza il venir meno del senso della vita.
Valori che, purtroppo, lo scivolare della cultura verso il nichilismo ha portato quasiall’estinzione. Onde ne diventa assai arduo anche un larvato recupero, che può avvenire solo attraverso un’analisi storico-critica dell’avanzamento della cultura nelle sue diverse direzioni, e non presentando il sapere come entità venuta fuori, nella sua attuale compiutezza, come Minerva, armata di tutto punto, dal cervello di Giove.O – che è peggio – propinandone sporadiche pillole via streaming.
Giuseppe Terregino