Un' immagine d' archivio di Giovanni Falcone. Si è concluso con due condanne all'ergastolo per i boss Giuseppe Barranca e Cristoforo Cannella, una a 30 anni per Cosimo D'Amato e una a 12 anni per il pentito Gaspare Spatuzza il processo, celebrato in abbreviato, dal gup di Caltanissetta David Salvucci per la strage di Capaci. 19 novembre 2014. PAL ARCHIVIO / ANSA

Nel tempo, i martiri di cui si parlava erano di religione cristiana, in genere fatti santi dalla Chiesa e che ancora si venerano perché avevano creduto profondamente nella loro fede mai rinnegata, a costo della loro vita. Lo scrive Il segretario della sezione di Cefalù Franco Cesare.
Ma i tempi cambiano – dice Cesare – ed ora i nuovi martiri sono i giudici, le forze dell’ordine e anche i medici e gli infermieri che in questo particolare momento del “corona virus” affrontano spesso disarmati, perché sprovvisti degli strumenti necessari atti a difendersi, ma malgrado ciò accanto ai sofferenti e soffocati spesso dal particolare momento pandemico.
Ma in questi momenti – scrive il segretario PRI – mi pare doveroso ricordare e quindi non dimenticare la strage di Capaci dove morirono il giudice Giovanni Falcone, la sua compagna Francesca Morvillo e gli uomini della sua scorta: Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.
Fu una strage voluta ed organizzata dalla mafia verso uomini che lottavano fino al sacrificio della loro vita, per una società migliore, più giusta, più limpida.
Ricordo – conclude – che in quella tragica circostanza fu convocato in “seduta straordinaria” il Consiglio comunale di Cefalù – di cui io facevo parte come rappresentante del Partito Repubblicano Italiano – e nel mio breve intervento tra le altre cose dissi che: “la vera lotta alla mafia la si fa se ogni cittadino, nella sua azione quotidiana, si comporta da vero cittadino senza se e senza ma”. Questa idea, malgrado i molti anni trascorsi e avendo quasi 83 anni, non l’ho cambiata. Cosicché ognuno di noi può essere eroe senza essere un eroe.