A riportare la notizia è lo stesso sito Il Fatto alimentare che ripercorre le tappe di questa vicenda:nel gennaio 2015 la catena di supermercati Coop ritira dagli scaffali le confezioni di sale fino Italkali (Società italiana sali alcalini) da 1 kg. Secondo le prime analisi condotte dall’Arpa del Lazio l’imballaggio di cartone dei campioni prelevati per i controlli contiene un’eccessiva quantità di piombo. La situazione cambia sei mesi dopo, perché la revisione delle analisi condotta presso L’Istituto superiore di sanità non conferma i primi risultati, e il richiamo viene revocato come prevede il regolamento. Insomma dopo svariate analisi, sia da parte dell’azienda che delle autorità sanitarie, è stata accertata la sicurezza e la conformità del cartone usato per l’imballaggio.

Il Fatto Alimentare da anni pubblica ogni settimana sia le notizie riguardanti il ritiro dei prodotti dagli scaffali sia gli aggiornamenti per eventuali rettifiche come in questo caso, tant’è che nel mese di luglio pubblichiamo questa nota: “Il sale Italkali ritirato a gennaio era sicuro. Errore nelle analisi dell’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Regione Lazio“, dando ampio spazio alla vicenda con un lungo articolo e ricevendo i ringraziamenti dell’azienda.

Nonostante ciò, in autunno, arriva in redazione la notifica di una causa per diffamazione promossa da Italkali nei nostri confronti con la richiesta di risarcimento rivolta al nostro sito e alla Regione Lazio di 10 milioni di euro per avere diffuso notizie false e avere leso l’immagine dell’azienda. Inutile chiedere spiegazioni all’azienda, anche se noi ci abbiamo provato, visto che la richiesta di danni e anche l’ipotesi della diffamazione ci è parsa subito poco giustificata.

Sono passati cinque anni da allora e adesso finalmente è arrivata la sentenza di primo grado in cui si dice che “Quanto alle asserite negligenti condotte da Il Fatto Alimentare nelle modalità di gestione e di comunicazione della notizia, le emergenze istruttorie impongono di ritenere l’addebito del tutto insussistente. La testata si è limitata a comunicare notizie vere senza alcuna enfatizzazione e manipolazione. Il Giudice conferma anche l’avvenuta notizia di rettifica data con toni assolutamente pacati. In proposito, è sufficiente a darne conto la mera ricostruzione della sequenza dei fatti per come risultati e documentati… Non si capisce quale illecito, doloso o colposo possa essere addebitato alla testata giornalistica che si è limita a la dare notizia di due circostanze assolutamente veritiere (il ritiro da parte di Italkali e l’avviso dato dalla catena di supermercati Coop ai consumatori).” Il giudice rileva anche un positivo riscontro alla rettifica richiesta dall’azienda come risulta dalla corrispondenza. Nella sentenza infine si dice che contestare “la liceità della condotta de Il Fatto Alimentare significa negare in radice la libertà di stampa”.

Alla fine il giudice nonostante riconosca le nostre buone ragioni stabilisce che ognuno debba pagare i propri avvocati. Quest’ultima frase ha un che di amaro, perché Italkali ha chiesto al nostro sito e alla regione Lazio 10 milioni di danni per avere diffuso la notizia sul ritiro di un suo prodotto, non considerando che ogni settimana in Europa vengono effettuati decine di questi interventi. Forse per Italkali si tratta di una spesa trascurabile, per noi pagare gli avvocati rappresenta un grosso dispendio di risorse che vengono anche dalle donazioni dei lettori e, in questo caso, da una quota versata dall’Osservatorio Ossigeno per l’informazione che si occupa proprio di cause di diffamazione intentate dalle aziende verso i giornalisti. In questa sede ci teniamo a ricordare che Il Fatto Alimentare in 10 anni di vita non è mai stato condannato per diffamazione.