Sono tante le nuove parole entrate a far parte del nostro vocabolario quotidiano in questo pazzo 2020; se molte sono ovviamente legate direttamente alla situazione sanitaria, altre riguardano gli “effetti collaterali” di queste straordinarie circostanze che stiamo vivendo. Una delle parole dell’anno è infatti sicuramente “smart working”, anglicismo ormai sulla bocca di tutti e che ha soppiantato il più italico “telelavoro” o “lavoro agile”. Differenze e sfumature semantiche a parte, tutti questi termini ed espressioni fanno più in generale riferimento al fenomeno di delocalizzazione del lavoro: se la stragrande maggioranza dei datori prima richiedeva la presenza fisica del dipendente in uno spazio adibito durante l’orario di lavoro, il fenomeno dello smart working permette ai lavoratori di svolgere le proprie mansioni, ad esempio, dalla scrivania di casa


Smart working come ultima espressione della rivoluzione digitale

Nonostante questa pratica abbia iniziato a prendere davvero piede in Italia solo negli ultimi mesi, non si tratta certo di qualcosa di nuovo: lo smart working è la forma di lavoro più diffusa tra gli autonomi del Belpaese e non, ma all’estero anche i lavoratori dipendenti che fanno ricorso a questa modalità sono numerosi. Già nel 2018, secondo i dati pubblicati dall’Eurostat, quasi il 15% dei lavoratori olandesi nella fascia compresa tra i 15 e i 64 anni lavoravano regolarmente da casa, con Finlandia e Lussemburgo a seguire. Nella classifica dei 27 Paesi UE, l’Italia occupava il 18o posto con un 3,6%. I numeri sono andati aumentando nel 2019 per poi esplodere nel 2020, facendo di necessità virtù. Lo smart working si inscrive però in un più ampio contesto di transizione digitale, che ha visto il continuo sviluppo tecnologico modificare tutto ciò che concerne il mondo del lavoro: processi produttivi, modalità lavorative, rapporto datore-dipendente e gli stessi prodotti o servizi a disposizione dei consumatori. La trasformazione digitale richiede però tempo e al momento viviamo ancora in un’epoca dove fisico e digitale convivono: alcuni settori hanno abbracciato appieno la rivoluzione digitale mentre altri rimangono ancorati, completamente o in parte, al mondo fisico.

Commercio e intrattenimento: due esempi su tutti

Quello dell’intrattenimento è stato forse il settore che negli ultimi anni ha subito la maggiore digitalizzazione di tutti. Tutti i molteplici rami di questo settore hanno infatti compiuto il “salto” dal fisico al digitale senza pensarci due volte: le piattaforme di streaming online offrono ora serie TV e film on demand, sempre e dovunque senza il bisogno di una TV vera e propria e sfruttando app per dispositivi mobili come cellulari o tablet che permettono all’utente di guardare, pere esempio, le proprie serie preferite mentre è in viaggio o in sala d’attesa; il settore dei giochi ha effettuato la transizione all’etere già anni fa, ma le nuove tecnologie come la realtà virtuale e lo streaming in diretta hanno permesso agli sviluppatori di creare prodotti sempre più all’avanguardia, come l’aggiunta di sezioni live ai casinò online in cui i giocatori possono partecipare a partite di poker o blackjack con croupier in carne e ossa e giocatori veri, connessi tramite videocamera; mentre la musica, prima confinata alle frequenze FM o ai lettori mp3, approda ora su PC, dispositivi mobili e perfino orologi intelligenti. Lo stesso vale per il commercio, settore tanto legato alla rete da aver portato alla coniazione di un nuovo termine: e-commerce (commercio online). Una particolarità in questo campo è la convivenza tra veri e propri centri commerciali online e le loro controparti fisiche, ma non mancano casi in cui i siti web agiscono esclusivamente da “vetrine virtuali”, senza la possibilità di effettuare acquisti, o al contrario, da unico punto di contatto tra cliente e rivenditore, vista l’assenza di un punto vendita fisico.

Il fenomeno della digitalizzazione è quindi ancora in pieno sviluppo e il telelavoro, o smart working che dir si voglia, è solo uno degli sviluppi più recenti. Visti i cambiamenti già avvenuti e l’importanza sempre maggiore che internet e la rete stanno assumendo nelle nostre vite, non ci sarebbe da sorprendersi se, in un futuro non troppo lontano, la dimensione prettamente “fisica” del lavoro scomparisse totalmente.