Grande successo a Palazzo Riso di Palermo per lo spettacolo “le Femmine “di Franco Scaldati, testo inedito messo in scena da Egle Mazzamuto, l’erede artistica di questo grande “sarto della poesia di scena”, che ha permesso che il teatro arrivasse al cuore di tutti anche della gente più semplice, restituendo dignità a molti, messi in un angolo dalla società. Eagle mette in scena, nella doppia e difficile veste di regista e attrice la storia di tre donne , tre prostitute che abitavano nella zona del porto ed accoglievano i militari nelle alcove di cartone. Tre donne, Lucrezia, Stella e Grazia che si raccontano. Egle è riuscita a creare uno spazio scenico magico, dove riesce ad annullarsi la bruttura e lo squallore dei luoghi in cui si consumavano amplessi frettolosi su cartoni arrangiati per terra e carbonella per scaldarsi dal freddo, su quei cartoni si consumavano anche anime e corpi, lacerando pensieri e sentimenti che tuttavia prepotenti restavano nella loro bellezza come farfalle a fare compagnia, al buio della notte e della vita stessa.

Prima di tutte parla lei Lucrezia, interpretata da una deliziosa Egle, sensuale, conturbante, tremendamente donna, apre le sue gambe al pubblico provocando lo sguardo per indurre lo spettatore a guardare li , quella parte intima nascosta, dove l’uomo guarda per cercare il piacere, li’ dove quella donna si vende in cambio di denaro , baratta il suo umido per soldi, li’ dove, la vita inizia. Questa prostituta parla col corpo e con le parole, si racconta, ci racconta sdoppiandosi con frasi ora violente e terrificanti per la tragicità della sua condizione, ora si esprime con frasi di delicatezza universale, sono le due donne che convivono. Coesistono la puttana, la “regina dei pompini “ e la donna con la sua fragilità disarmante che ricorda all’uomo che usa il suo corpo, quanto possa essa divenire feroce se ferita oltre misura, c’è una donna che ha piena consapevolezza della sua arte seduttiva. La puttana di Scaldati entra dentro al cuore, no ne provi pena, ne la disprezzi ami la donna che riconosce il potere della sua carne e il desiderio che genera nell’altro. Essa stessa diviene vittima e carnefice di chi le si avvicina per godere delle sue movenze e poteri del corpo che non necessariamente è bello, ma è li per chi lo vuole.

L’intero spettacolo è pura poesia, la scenografia è stata curata alla perfezione, Egle con grande attenzione e onesta’ intellettuale ha rispettato il lavoro del grande maestro Scaldati, che per chi lo conobbe in vita fu un maestro ricercatore di quella bellezza che si costruisce lentamente, gli spettacoli ricorda Egle erano un parto, una creatura vivente a cui tutti partecipavano con la gioia di chi sa’ di stare costruendo qualcosa . Colori caldi, atmosfera onirica, i due spettacoli proposti sono stati un grande successo, un’omaggio al grande maestro, Carmelo Farina alla chitarra, ha deliziato la serata con brani da lui stessi composti. Un grazie agli attori protagonisti, per l’attenzione alla delicatezza con cui hanno recitato, il parlato cantilena, tipico di Scaldati era un battito lento del metronomo che scandiva pensieri ed emozioni. Sabrina Miriana