Maria Eleonora Hospital di Palermo, Ospedale di Alta Specialità accreditato con il Servizio Sanitario Nazionale, è centro di riferimento in Sicilia per la chirurgia bloodless, ovvero quell’insieme di protocolli che consentono di ridurre al minimo la perdita di sangue durante l’intervento, con molteplici benefici per il paziente.
Questo approccio è da tempo applicato alla cardiochirurgia, ma recentemente nella struttura palermitana sono stati trattati con la tecnica bloodless due pazienti che presentavano un aneurisma dell’aorta addominale sottorenale a rischio di rottura. Un intervento che, come spiega il dott. Emerico Ballo, specialista in chirurgia del cuore e dei grandi vasi a Maria Eleonora Hospital, comporta una minore incidenza di infezioni, tempi di degenza post operatori più brevi e dunque una ripresa dall’intervento più rapida, aspetti importanti quando si trattano pazienti anziani.
Di seguito e allegato il comunicato stampa integrale, con maggiori dettagli.
La chirurgia bloodless è quell’insieme di procedure chirurgiche che mirano a ridurre la perdita di sangue durante l’intervento e dunque il bisogno di ricorrere a trasfusioni, con molteplici benefici per il paziente. La tecnica si è affermata come un protocollo chirurgico valido, potenzialmente applicabile anche alla chirurgia tradizionale, tanto che l’Organizzazione Mondiale della Sanità e il Ministero della Salute ne raccomandano l’adozione. Maria Eleonora Hospital di Palermo, Ospedale di Alta Specialità accreditato con il Servizio Sanitario Nazionale, è centro di riferimento in Sicilia per questo tipo di interventi in ambito cardiochirurgico e vascolare.
“Questo approccio è da tempo applicato alla cardiochirurgia, ma recentemente abbiamo trattato con la tecnica bloodless due pazienti che presentavano un aneurisma dell’aorta addominale sottorenale a rischio di rottura – spiega il dott. Emerico Ballo, specialista in chirurgia del cuore e dei grandi vasi a Maria Eleonora Hospital –. I grandi vantaggi dei protocolli e delle tecniche di chirurgia “senza sangue” adottati, che consentono di ridurre le perdite ematiche durante l’intervento, consistono nell’avere una minore incidenza di infezioni, tempi di degenza post operatori più brevi e dunque una ripresa dall’intervento più rapida, aspetti importanti quando andiamo a trattare pazienti anziani”.
L’aneurisma dell’aorta addominale colpisce con maggiore frequenza pazienti di sesso maschile, con un’età superiore ai 50 anni (a causa del naturale invecchiamento dei tessuti e dei vasi), ed è dovuto a un indebolimento della parete arteriosa e alla conseguente dilatazione progressiva e irreversibile dell’aorta che, in mancanza di un intervento tempestivo, può portare alla rottura della stessa. Tra i fattori di rischio vi sono anche fumo, cattive abitudini alimentari, una vita sedentaria e stress.
Per un’accurata prevenzione è bene sottoporsi a controlli periodici soprattutto superati i 50 anni di età: il check up prevede un ecodoppler e, laddove venisse riscontrata la presenza di un aneurisma, la visita viene completata con una Angio TC.
Per trattare l’aneurisma dell’aorta addominale si ricorre a un intervento chirurgico allo scopo di impedire la rottura dell’aneurisma stesso. Tradizionalmente, si sostituisce l’aorta danneggiata con un tubo sintetico che viene modellato sull’anatomia del paziente e suturato a monte e a valle dell’aorta sana. Negli ultimi anni è stata introdotta una metodica mininvasiva, che prevede l’inserimento di un’endoprotesi, attraverso un tubicino delle dimensioni di una penna, introdotto da un accesso periferico, come per esempio per via inguinale, attraverso l’arteria femorale. L’impiego di questa modalità mininvasiva, associata alla chirurgia bloodless, consente di limitare al minimo il ricorso a emotrasfusioni e ridurre i fattori di rischio peri-operatori.
“La procedura bloodless, che comporta una particolare preparazione del malato prima e dopo l’intervento, richiede un lavoro di squadra che coinvolge diversi professionisti – spiega il dott. Ballo –. Cardiochirurghi, cardio-anestesisti, perfusionisti, strumentisti e infermieri lavorano in perfetta sinergia per ottimizzare le condizioni del paziente fin dal pre-ricovero, in particolare nella correzione dell’anemia preoperatoria e della sideropenia (carenza di ferro). In questo modo, il paziente giunge in sala operatoria col più basso rischio di emorragie possibile. Durante tutto l’intervento, vengono poi applicati particolari protocolli di Patient Blood Management (PBM), che consentono di ottimizzare la “risorsa” di sangue del paziente, riducendo i prelievi e recuperando ogni goccia di sangue, che viene lavata e reinfusa, ed evitare così, o almeno ridurre, le emotrasfusioni”.
I due pazienti trattati a Maria Eleonora Hospital sono stati dimessi dopo circa 5-7 giorni e hanno potuto riprendere la loro quotidianità. Il follow up prevede visite di controllo a un mese dall’intervento e, successivamente, a 1 anno con un ecodoppler per valutare lo stato di salute dell’aorta e a 2 anni con una TAC, per valutare l’esito dell’operazione a lungo termine e controllare un’eventuale progressione della patologia.
foto: dott. Emerico Ballo