Il continuo ricorso alla matematica nell’analisi di fenomeni naturali, come quello della pandemia da corona virus, o di dati statistici in ordine a consuntivi e previsioni attinenti a processi socioeconomici, nonché sugli orientamenti politici della opinione pubblica, non può non fare piacere a chi nutrì la speranza che l’evento dell’Anno Mondiale della Matematica celebrato nell’anno 2000 portasse a una presa di coscienza generale sull’assunto (ampiamente illustrato nella NewsLetter 7 in riferimento ad esso) circa il dato di fatto che “la Matematica è una strategica chiave di volta per lo sviluppo economico e culturale di una nazione”.

La matematica dice ancora A. Vico “è la scienza più astratta e formale, ma anche la più utile. … . La disciplina dei numeri diventa sempre più popolare e seguita, anche in Italia, e mostra con orgoglio quanto è importante per la vita quotidiana di tutti noi”.

Questo però esigerebbe quella informazione scientifica di massa auspicata da Rubbia. Senza la quale l’unica possibilità è quella di una confusione alquanto pronuba di equivoci, contro l’intento  di portare chiarezza, in vista di quel senso di responsabilità necessario in una vicenda, fosca e inestricabile, come quella della epidemia da covid 19. Nel qual caso, la congerie di dati numerici riversati dai mass media sulle menti dei video-ascoltatori, non può non destare il dubbio sulla capacità di costoro di decifrare siffatti messaggi per un conseguente comportamento responsabile e coerente. Il che richiederebbe – cosa certamente non comune – una conoscenza almeno approssimativa del significato dei termini tecnici recepiti. E tra tutti di quell’aggettivo “esponenziale” di cui si fa sovente uso.  

Un termine quest’ultimo da spiegare. Almeno in quei termini elementari di successione numerica, detta “geometrica”, caratterizzata dall’essere ogni termine ottenuto moltiplicando il precedente per un fattore costante. Dal cui valore – se maggiore o minore di uno – dipende l’andamento crescente o decrescente della serie numerica.

Crescente al punto che dopo un numero finito, nell’ordine della decina, di passaggi il termine considerato assume un valore inimmaginabilmente elevato. Come quello che mostra la figura qui allegata, dove al terzo passaggio il valore della funzione è già uguale a 8 e il successivo sarebbe 16, e così via: 32,64,128, …  

Quindi quando si parla di andamento esponenziale bisogna sapere quello che si sta dicendo. E soprattutto specificare come mai malgrado il carattere della sua tendenza all’infinito, nel caso di una epidemia la curva della funzione tenda a declinare verso il basso. Ciò è dovuto al fatto che pur essendo il numero dei contagi, di giorno in giorno, proporzionale al valore raggiunto nel giorno precedente, il fattore di proporzionalità (legato al numero dei contagiabili da ogni singolo infetto) va tuttavia decrescendo perché diminuisce il numero delle persone infettabili, essendo nel frattempo aumentata l’area delle persone immunizzate perché guarite e diminuito il numero delle persone a rischio perché alcune passate all’altro mondo. La famosa “immunità di gregge” si raggiunge naturalmente quando diventa quasi improbabile l’incontro di un soggetto positivo con un infettabile.

Una immunità, questa, che però è quella che oggi si intende (giustamente)  evitare. Perché il costo sarebbe enorme in termini di vite umane.  Come è dato rilevare dalla storia delle epidemie e pestilenze del passato, quando un colera diffuso in un’area circoscritta poteva mietere migliaia di vittime prima del ritorno alla normalità. Senza dire delle grandi pestilenze storiche, quale fu quella di Milano raccontata da Manzoni, durante la quale per le vie della città transitavano carri colmi di cadaveri accatastati senza limite e misura.

Tale status, per essere raggiunto senza eccessiva mortalità, richiede la disponibilità di un antidoto idoneo a togliere il virus dalla circolazione. Cosa al momento indisponibile ovunque. Onde diventa ragionevole, in assenza di un antidoto (farmaco o vaccino) idoneo a contrastare l’agente infettivo, limitare l’evolversi naturale della pandemia mediante le sole misure di contrasto attuabili: porre una barriera tra la sorgente del virus e l’ambiente esterno o allungare oltre il limite di efficacia dello stesso il suo cammino in direzione della probabile vittima.

Si tratta comunque di misure necessarie, anche se non sufficienti per debellare l’agente infettivo. Necessarie per dar tempo alla ricerca scientifica di compiere il suo corso in vista della risoluzione del problema senza un elevato costo in termini di vite umane, nonché per avere nel frattempo condizioni umanamente sopportabili in termini sanitari ed economici. Senza che però ci sia l’illusione del pericolo superato quando si abbia – come si è avuta – una temporanea stasi della pandemia. Perché questa, come dice il prefisso, riguarda l’intero pianeta, il quale, in virtù della mobilità celere e molto numerosa in ogni direzione, è divenuto veramente un villaggio globale, per cui non è più una metafora iperbolica il detto che un colpo d’ala di farfalla a New York si avverte in tempo reale anche a Roma.

La matematica in questo frangente ha un ruolo di primo piano. Perché è proprio in essa lo strumento fondamentale della ricerca scientifica, come base di quel “miracoloso” metodo sperimentale di ascendenza galileiana, nonché per il fatto di potere, mediante essa, analizzare correttamente i dati raccolti e prevedere saggiamente, purché si applichi correttamente la logica algoritmica attinente al caso, l’andamento futuro di un fenomeno anche tremendo come quello che ci riguarda nel presente.

Questa non è cosa impossibile. Ma molto difficile, stante la complessità del fenomeno e il numero delle variabili indipendenti che lo caratterizzano. Senza dire della peculiarità di questo virus, inaspettato e diverso da altri in precedenza studiati. In tali condizioni, la costruzione di un modello matematico efficiente è impresa ardua. E proprio per questo bisogna evitare di presentare modelli matematici – come quello della funzione esponenziale – che porterebbero fuori strada, facendo perdere la pazienza a una popolazione stressata e stremata da sacrifici in alcuni casi insopportabili. Ma che devono essere sopportati, pure quando sono ingiusti, perché si tratta di un caso nel quale al peggio non ci sarebbe fine.

Giuseppe Terregino