Nella vita “nihil accidit ex abrupto”, nulla accade all improvviso” e le coincidenze non esistono. Inutile nasconderlo…sono un profondo sostenitore di queste teorie!
Vi domanderete perché sto esordendo in tal maniera in questo articolo con cui spero di essere capace di recensire “Via Paganini 7”, un libro di Myriam De Luca, di cui ne caldeggio a tutti la lettura, frutto dei sentimenti e dei sogni di una collega tanto particolare quanto preparata ed innamorata dell’arte dello scrivere.
Dar una risposta a questa potenziale domanda non è per nulla difficile.
Poche settimane or sono, mi sono piacevolmente imbattuto nel suo profilo fb.
Le caratteristiche che mi hanno colpito e che hanno catturato la mia attenzione sono state l’empatica pacatezza, la straordinaria capacità comunicativa, l’elegante compostezza e il modo superbo con cui Myriam riesce a trasferire sensazioni, emozioni e a raccontarle rendendo il lettore parte attiva ed interessata.
Ciò di cui sto parlando non si impara a scuola o grazie all’esperienza, bensì nasce con la persona, in questo caso con la scrittrice, perché in essa è intrinseco ed integrato nel DNA spirituale; per meglio intenderci è una dote di natura prima ancora di diventare scelta narrativa. Per tutte queste ragioni ho sentito un richiamo prepotente ma ammaliante, un karma cosmico, che, come quell’incontrollabile forza geofisica che attrae gli elettroni verso il nucleo, mi ha avvicinato spiritualmente così tanto alla cara Myriam, che ho voluto leggere il suo capolavoro letterario per meglio comprendere l’autrice e, soprattutto, per dar risposte ai miei quesiti.
“Via Paganini” é un romanzo, o, per meglio dire, un racconto di carattere (a mio modo di vedere) con una spiccata valenza autobiografica, in cui, Viviana (la protagonista), ad un certo punto della sua vita, inizia a sentire una sorta di oppressione e un mal di vivere, determinate forse dalla famiglia soffocante, da una società che continua a dare sempre più spazio alle apparenze, dall’affievolirsi e dal degradare dei valori umani, dall’odio che spesso prevarica sull’amore e da una sempre più crescente insensibilità sociale verso chi è più debole, povero, malato e sfortunato.
Il suo microcosmo è assediato da forze oscure che in un certo qual modo la destabilizzano, facendola sentire un’estranea ed incompresa dalla stessa famiglia, o, per usare un’espressione pirandelliana, “un’isola nell’isola”.
Ecco che Viviana si ribella ad un rerum natura imposto e non voluto, così inizia la sua pacifica rivolta a tutto quello stato di cose che deformano ontologicamente la sua vita.
Mi piace vederla come una sorta di funambula che deve attraversare, sopra una corda sottile, scivolosa e tesa nel vuoto dell’esistenzialismo umano, lo spazio che la separa dalla sua metà ideale: l’autodeterminazione e la felicità. Così rivoluziona il suo essere, si ribella allo status quo, rende più forte il suo ego, si dedica sempre più, con pensieri ed azioni, al perseguimento di questa sorta di viaggio metafisico che le permetterà di raggiungere la sua Atlantide ideale.
Crede nei sentimenti, nell’amore, nell’uguaglianza e nel rispetto verso il prossimo, elementi tutti con cui realizza l’impalcatura necessaria per costruire la propria vita nel modo più giusto e degno.
Questo racconto trasuda di purezza, di amore di bontà, la stessa purezza, lo stesso amore e la stessa bontà che, nella finzione letteraria, come nella vita, non sono mai fini a se stessi, ma elargiti e condivisi con il mondo e con il prossimo, contraddistinguendo una scrittrice che sono felice ed onorato di aver potuto raccontare e recensire.
Se volete sapere come finisce questa storia, inutile dirvi che dovrete scoprirlo da soli, io.. ho solo cercato, timidamente e con modestia, di spingervi a leggerla.
Vi assicuro che dopo averlo fatto, anche voi, in un modo o nell’altro, scoprirete di aver vissuto in via Paganini 7 e di avere in comune con Viviana più di quanto possiate immaginare.


Antonello Di Carlo.