I benefici dell’ippoterapia (VEDI LA PRIMA PARTE)

L’ippoterapia e l’insieme delle attività di riabilitazione equestre non sono pensate per guarire, quanto piuttosto per migliorare la qualità della vita dei pazienti attraverso un’ampia serie di benefici che la relazione uomo-cavallo è in grado di offrire.

I benefici dell’ippoterapia dipendono in buona parte dalle caratteristiche fisiche e comportamentali del cavallo, ma anche dal contesto demedicalizzato in cui si realizzano le attività.

Queste – sebbene siano seguite da un’equipe specializzata formata da neurologi, psicologi e terapisti – si svolgono in un ambiente non ospedalizzato e piacevolmente stimolante, facilitando in questo modo la predisposizione del paziente e l’efficacia stessa delle attività.

Vediamo quali sono i benefici che l’ippoterapia offre rispetto a varie sfere che formano la persona:

  • Benefici cognitivo – sensoriali: gli esercizi di riabilitazione a cavallo ed il contesto del maneggio lavorano sulla stimolazione cognitiva, favorendo il miglioramento delle capacità di concentrazionelogica memoria del paziente. Anche i sensi sono intensamente stimolati da ogni attività realizzata a contatto con il cavallo, per cui risultano particolarmente indicate per le persone che soffrono di deficit sensoriali.
  • Benefici motori: dal punto di vista neuromotorio, gli esercizi in sella ed il movimento del cavallo sono dei validi stimolanti. Si lavora su equilibriotono muscolarecoordinazione e consapevolezza motoria del paziente.
  • Benefici psicologico-comportamentali: il principale beneficio sul piano psicologico è l’aumento dell’autostima generato dalle piccole responsabilità assegnate al paziente. Le attività di cura del cavallo e le regole del maneggio, inoltre, aiutano il paziente ad assimilare modelli comportamentali positivi che possono aiutare a ridurre l’aggressività e ad aumentare le sue capacità relazionali.
  • Benefici socio-affettivi: la relazione che si stabilisce con il cavallo è in grado di generare col tempo un legame affettivo rassicurante e benefico. Il cavallo, infatti, diventa un canale di mediazione, favorendo così l’apertura del paziente verso il mondo esterno e stimolandone le abilità di socializzazione.
  • asini (onoterapia): L’onoterapia è un tipo di pet therapy che si realizza attraverso l’instaurazione di un rapporto terapeutico tra il paziente e l’asino (dal greco ὄνος “ónos”, asino).

Alla base di questa co – terapia c’è, dunque, la relazione uomo-animale che, come nel caso delle altre pet therapy, si fonda su un principio di uguaglianza: per l’animale non esistono pregiudizi e differenze, tutti gli uomini sono uguali lui senza discriminazioni basate sulla presenza di qualche tipo di disabilità.

Un altro aspetto rilevante della onoterapia è che le attività si realizzano in luoghi come fattorie e maneggi, ovvero in ambienti demedicalizzati, in cui, allo stesso tempo, i pazienti possono stare a contatto con la natura.

L’onoterapia è definita anche Terapia Mediata dall’Asino quando l’asino si fa mediatore tra paziente e terapeuta e Attività Assistite dall’Asino quando si ha l’obiettivo di far sperimentare ai pazienti la capacità sentire ed esprimere emozioni.

La qualità più importante e riconosciuta dell’onoterapia rispetto ad altre terapie più tradizionali risiede nel ruolo attivo del paziente, che viene continuamente stimolato e motivato dall’interazione con l’asino.

Attraverso le attività di cura dell’animale si realizza il role reversal: il paziente non è più l’oggetto passivo delle cure genitoriali o familiari cui è sottoposto normalmente, ma diventa un soggetto attivo, capace di prendersi cura di un altro essere vivente.

 Le fasi della terapia e gli obiettivi:

Nella prima fase le attività si svolgono “a terra” e consistono nell’avvicinamento all’animale e la cura dello stesso. In questo modo, i pazienti sono stimolati dal punto di vista cognitivo e motorio: devono infatti concentrarsi per ricordare e coordinare le proprie azioni.

Allo stesso tempo, questa fase svolge una funzione importante nell’accrescimento dell’autostima dei pazienti, che iniziano a sentirsi importanti ed utili per il ruolo che si sta svolgendo.

In una seconda fase le attività si iniziano a svolgere a dorso d’asino, possibilmente a pelo per favorire un contatto diretto con l’animale. Questa è la fase più intensa, nella quale si stimolano le emozioni e si lavora sulla corporeità e la propriocezione.

Maddalena Wegher, Presidentessa dell’Associazione “Un asino per amico”, afferma che gli obiettivi della onoterapia sono:

  • aumentare la mobilità e l’indipendenza,
  • migliorare le condizioni psico-fisiche, affettive e sociali degli assistiti, “mediante gli stimoli indotti e/o mediati dall’asino e dalle sue forti capacità espressive, che suscitano forti emozioni,aiutano le interazioni, favoriscono la fiducia, senza la critica” (Wegher, L’Asino in aiuto all’Uomo, 2006).

 Conosciamo meglio l’asino:

L’asino possiede delle caratteristiche morfologiche ed etologiche che lo rendono un animale particolarmente adatto a coadiuvare ed affiancare molteplici processi terapeutici 

Sebbene venga spesso relazionato con il cavallo, l’indole di questi due animali è generalmente molto diversa: il cavallo è un animale dinamico, mentre l’asino è più staticocalmo e paziente; inoltre, secondo i professionisti dell’onoterapia, è un animale riflessivo: di fronte ad un pericolo non scappa, al contrario si ferma e ragiona.

Queste ed altre caratteristiche – forza, prevedibilità, curiosità, intelligenza – riescono a trasmettere sicurezza e tranquillità alle persone assistite dal “co – terapeuta” asino.

Inoltre l’asino possiede diverse caratteristiche neoteniche, come la grandezza degli occhi e della testa rispetto al corpo, che stimolano nell’essere umano un processo di attaccamento e lo inducono istintivamente a prendersi cura degli animali che presentano queste caratteristiche.    

A chi è rivolta la Onoterapia?

Le qualità dell’asino e della relazione che si riesce a stabilire con questo animale permettono di agire su diversi disturbi e disabilità, ognuno con le proprie particolari necessità ed obiettivi.

Le attività sono strutturate per lavorare con pazienti che presentano le seguenti caratteristiche: disabilità fisica e sensoriale, ritardo mentale, sindrome di Down, disturbi generalizzati dello sviluppo (Autismo, Asperger), disturbi della personalità, disturbi dell’umore, disturbi dell’alimentazione, deficit dell’attenzione.

L’onoterapia è indicata anche per persone che soffrono di ansia, depressione, bassa autostima, tossicodipendenze o che si trovano in situazioni di disagio sociale

I requisiti degli animali nella Pet Therapy

La condizione idonea dell’animale viene valutata dal veterinario dell’equipe insieme al responsabile di progetto. Ai sensi del DM 26/11/2009 non è consentito impiegare animali che provengono da situazioni di abbandono e/o maltrattamento a meno che non seguano un percorso di rieducazione e socializzazione. Gli esemplari devono essere adulti e le femmine non possono essere in stato di gravidanza o allattamento (in conformità a quanto previsto dal regolamento (CE) n.1/2005).

Requisiti sanitari e comportamentali

L’equipe medica ha il compito di effettuare una valutazione sanitaria. A seguito dell’idoneità che dovrà essere costantemente monitorata. Per ogni animale il medico veterinario predispone una cartella clinica riportante il segnalamento dell’animale, l’anamnesi, lo stato sanitario, le profilassi seguite e le eventuali terapie. In base alle situazioni di rischio per il paziente, il medico veterinario valuterà ulteriori controlli clinico – diagnostici sull’animale.

È importante che l’animale venga preventivamente sottoposto ad un controllo di tipo comportamentale da parte del medico veterinario dell’equipe. L’idoneità viene garantita solamente nel caso in cui l’animale non presenta patologie comportamentali e che abbia le caratteristiche di socievolezza, capacità relazionale e docilità. Il percorso di addestramento ed educativo specifico per acquisire le abilità e le competenze è necessario per migliorare la pro – socialità, collaborazione con il coadiutore e la motivazione all’attività. Tutto questo deve avvenire nel rispetto del benessere dell’animale (Articolo 7 della Convenzione Europea per la protezione degli animali da compagnia ratificata con la legge n. 201/2010). Nelle cartelle cliniche devono essere riportati gli esiti delle valutazioni comportamentali delle sedute.

Quanto è diffusa la pet therapy in Italia?

La pet therapy prese piede in Italia verso la fine degli anni ’80 con alcuni convegni e conferenze sul tema.

Risale al 6 febbraio 2003 l’accordo del Ministro della Salute, le Regioni e le Province Autonome di Trento e di Bolzano in materia di benessere degli animali da compagnia e pet therapy.

Sempre nello stesso anno, la regione Marche dà inizio ai primi progetti sperimentali con la pet therapy, fino alla creazione della prima cooperativa sociale (la Pet Village) dedicata completamente a questo tipo di attività.

Nel maggio del 2005 il Veneto pubblicò le linee guida sugli interventi assistenziali e terapeutici che prevedono il coinvolgimento degli animali.

Il 21 ottobre 2005 venne pubblicato il documento del Comitato Nazionale di Bioetica: “Problemi bioetici relativi all’impiego di animali in attività correlate alla salute e al benessere umani”.

Con il decreto del 18 giugno 2009, il Ministero del Lavoro, delle Politiche Sociali e il Ministero della Salute: “Istituzione di nuovi Centri di referenza nazionali nel settore veterinario”.

Il 25 marzo 2015 venne emesso l’accordo, ai sensi degli articoli 2, comma 1, lettera b) e 4, comma 1 del decreto legislativo 28/08/1997, n. 281 tra il Governo, le Regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano sul documento recante “Linee guida nazionali per gli interventi assistiti con gli animali (IAA)”.

Il 22 luglio 2016 il Ministero della Salute pubblicò il Piano Nazionale Integrato 2015-2018 sugli interventi assistiti con gli animali ribadendo l’importanza di promuovere e potenziare i vari interventi e collaborazioni nella pet therapy.

Oggi gli IAA trovano ampia applicazione in svariati settori socio-assistenziali, tra i quali: case di riposoospedali, comunità di recupero, centri socio-educativi e riabilitativi, carceri, comunità per minori, scuole di ogni ordine e grado, centri di aggregazione vari, centri di persone diversamente abili e con patologie psichiatriche e ludoteche.

In Italia la pet therapy sta prendendo sempre più piede e viene utilizzata, in particolare, come co – terapia di supporto per i bambini autistici, per i portatori di handicap e per gli anziani (in molte case di riposo è possibile contare sulla presenza degli amici a 4 zampe!). D’altra parte va detto che un recente studio, che ha messo insieme i risultati di 250 ricerche condotte sui benefici della pet therapy, ha rilevato che essa è in grado di influenzare in maniera positiva:

i pazienti affetti da autismo;

i pazienti che devono affrontare una riabilitazione fisica;

i soggetti con problemi di natura comportamentale e/o che presentano disordini emotivi.

Quali sono le figure professionali di questa terapia?
Gli specialisti che si occupano di pet therapy sono lo psicologo e, talora, anche lo psichiatra. Tuttavia non si esclude che questa disciplina, che sta prendendo sempre più piede, faccia nascere una nuova figura professionale (lo specialista in pet therapy). 
Fa bene avere in casa un animale da compagnia?
I benefici della pet therapy sono numerosi, come dimostrato da diverse ricerche scientifiche sul campo.
In particolare l’interazione con un animale da affezione sarebbe in grado di:
  • abbassare la pressione sanguigna e regolarizzare la frequenza cardiaca;
  • migliorare il benessere psicologico dell’individuo, in quanto la relazione ludica con il pet consente di allentare le tensioni e di promuovere il pensiero positivo;
  • contrastare in maniera efficace la solitudine e il senso di alienazione;
  • ridurre il livello di stress, in quanto la comunicazione semplice e autentica con l’animale produce un effetto rilassante;
  • aumentare il senso di responsabilità, in quanto il rapporto con un animale da compagnia implica l’impegno a prendersi cura di lui;
  • favorire il sentimento empatico, in quanto l’animale riesce a comunicare a un livello più profondo con l’essere umano;
  • superare l’egocentrismo e favorire il senso di comunione con la natura e il mondo animale.

Film che parlano di pet therapy