Cosi la matrigna “cattiva” interrogava lo specchio magico per trovare conferma della sua bellezza e potenza, nella bella storia nota a tutti  di Biancaneve e i sette nani.

La presenza dolce e tenera di Biancaneve semplice e pura destava paura e sospetto, nel cuore della donna , che vedeva in Biancaneve una rivale in affetto.

Sembra incredibile, ma molte volte sono proprio le persone semplici quelle che agli occhi degli altri diventano pericolose, per la loro  bellezza disarmante fatta di pochi fronzoli, sorrisi da fiaba e cascate di gentilezza che turbano i superbi e i vanitosi, che magari non riescono ad ottenere la stessa attenzione e curiosità da parte degli altri, perchè diciamolo pure, in un mondo di narcisi, si ha comunque sete di normalità, o comunque chi ha un suo stile di vita, suscita attenzione.

Questa formula che la matrigna ripeteva davanti ad uno specchio, oggi in molti sembriamo ripeterla davanti non solo lo specchio, ma davanti una macchina fotografica, una specie di mania narcisistica orientata a chiedere continuamente conferma di se stessi agli altri circa la propria immagine riflessa.

Chi sono? Cosa rappresento per me e gli altri? In queste semplici domande c’è forse molta insicurezza o voglia di essere al centro dell’attenzione di qualcuno o qualcosa, o desiderio di riempire assenze o in alcuni casi solo tanta voglia di giocare, nutrendosi di leggerezza, il problema è capire quanto conti realmente la leggerezza o sia altro.

Lo specchio è da sempre stato uno strumento interessante per il potere che possiede ed a lungo studiato sotto vari aspetti.

E’ uno strumento semplice e ordinario del nostro uso quotidiano, ma si rivela interessante nel momento in cui lo guardiamo sotto un’altro profilo, il profilo indagatore, scrutatore .

Fin dall’antichità i filosofi Socrate e Seneca raccomandavano lo specchio come strumento per conoscere se stessi, l’immagine non solo esteriore di noi , ma quella che non conosciamo mai abbastanza di noi stessi.

Lo specchio ,  riflette non solo la realtà concreta come ci appare, ma spesso fa cogliere cose che ci sfuggonono come in un passo bellissimo del libro:  uno, nessuno e centomila di Luigi Pirandello, in cui è palese il conflitto che lo specchio genera nell’anima del protagonista, Vitangelo Moscarda,   rispetto all’immagine che scopre di avere .

Gli altri  vedono ciò che noi non vediamo di noi.

Cosi si legge in un passo del libro:

  • “Mi si fissò invece il pensiero ch’io non ero per gli altri quel che finora, dentro di me, m’ero figurato d’essere.”

Che fai? – mia moglie mi domandò, vedendomi insolitamente indugiare davanti allo specchio.

            – Niente, – le risposi, – mi guardo qua, dentro il naso, in questa narice. Premendo, avverto un certo dolorino.

            Mia moglie sorrise e disse:

            – Credevo ti guardassi da che parte ti pende.

            Mi voltai come un cane a cui qualcuno avesse pestato la coda:

            – Mi pende? A me? Il naso?

E mia moglie, placidamente:

            – Ma sì, caro. Guárdatelo bene: ti pende verso destra.

            Avevo ventotto anni e sempre fin allora ritenuto il mio naso, se non proprio bello, almeno molto decente, come insieme tutte le altre parti della mia persona. Per cui m’era stato facile ammettere e sostenere quel che di solito ammettono e sostengono tutti coloro che non hanno avuto la sciagura di sortire un corpo deforme: che cioè sia da sciocchi invanire per le proprie fattezze. La scoperta improvvisa e inattesa di quel difetto perciò mi stizzì come un immeritato castigo.

Ora, ritornando alla scoperta di quei lievi difetti, sprofondai tutto, subito, nella riflessione che dunque – possibile? – non conoscevo bene neppure il mio stesso corpo, le cose mie che più intimamente m’appartenevano: il naso, le orecchie, le mani, le gambe. E tornavo a guardarmele per rifarne l’esame.

            Cominciò da questo il mio male. Quel male che doveva ridurmi in breve in condizioni di spirito e di corpo così misere e disperate che certo ne sarei morto o impazzito, ove in esso medesimo non avessi trovato (come dirò) il rimedio che doveva guarirmene.

Cosi volevo io esser solo. Senza me. Voglio dire senza quel me ch’io già conoscevo, o che credevo di conoscere. Solo con un certo estraneo, che già sentivo oscuramente di non poter più levarmi di torno e ch’ero io stesso: l’estraneo inseparabile da me.

            Ne avvertivo uno solo, allora! E già quest’uno, o il bisogno che sentivo di restar solo con esso, di mettermelo davanti per conoscerlo bene e conversare un po’ con lui, mi turbava tanto, con un senso tra di ribrezzo e di sgomento.

Lo specchio ha una carica provocatoria, invita a dubitare delle apparenze e a diffidare delle maschere della realtà.

Diventa elemento perturbante tutte le volte che rivela ciò che dovrebbe rimanere segreto. È l’estraneo segretamente familiare che ci  mette in uno stato di incertezza e inquietudine.

Esiste un forte legame tra specchio e identità personale in un intreccio di luci e ombre, lo specchio diventa luogo dove osservarsi e conoscere se stessi , il proprio corpo, le proprie emozioni, il modo in cui gli altri ci guardano rimanda l’immagine che diamo di noi , per non parlare del fatto che nel guardarci allo specchio spesso diciamo : “io non sono come lui, lei” ed in questo rafforziamo la nostra immagine di noi stessi come individualità.

L’io si costruisce nell’immagine riflessa che ci ha rimandato prima di tutto nostra madre, o comunque le figure familiari a noi prossime, e’ poi l’intreccio delle nostre relazioni.

Le figure a noi care sono state per prima il nostro specchio, come ci hanno trattato è lo specchio di ciò che diventiamo.

Sempre di più questo bisogno di apparire, di cercare conferme aumenta, siamo sempre più desiderosi di cercare equilibri , nascondiamo le nostre paure ed insicurezze dietro una stupida allegria, la vita come dice la canzone di Diodato ci confonde con i suoi baci e le sue onde , è seducente e miracolosa nello stesso tempo ci fa piangere e ballare. Confusi come siamo, cerchiamo conferme, nella solitudine dei nostri pensieri, accade cosi che lo specchio ci induce a guardarci e lo stesso la fotografia.

“Guardami” un monito per non sentirsi soli, metti un like, sui social e  capisco quante persone mi seguono e gradiscono la mia persona, ma cosa gradiscono l’immagine o il tuo pensiero? Il modo in cui tu sei? Il virtuale è molto spesso solo un luogo d’inganno e bugie, la vita vera è fatta di altro, solo chi mantiene la coerenza tra la vita reale e quella virtuale, resta se stesso/a.

Cerchiamo favole, che ci aiutano a convivere con la vita e le sue regole, perchè ancora c’è chi vive di poesia, di sogni, dunque ben vengano foto da favola e parole che riscaldano il cuore.

Dobbiamo riuscire a non confondere il reale con il virtuale, insomma dov’è l’immagine reale e quella riflessa, che non è mai vera al cento per cento.

Specchio specchio delle mie brame, chi è?  non la più bella, ma la più brava persona del reame? Sempre più difficile dirlo, visto e considerato che si guarda troppo alle apparenze e poco al cuore delle cose.

Urge un’inversione di tendenza, fin tanto che manterremo una dose di superficialità verso la vita non capiremo abbastanza ne chi siamo, ne chi vogliamo essere.

Ritorniamo alla coerenza tra l’essere e non solo l’apparire.

Chi vuol capire capirà!