Dall’alba di domani, l’Italia tornerà a essere un Paese di navigatori, non solo di eroi, santi e artisti. Tutti uniti e accoccolati sotto le vele protettive di Luna Rossa che, nel mare di Auckland, praticamente in un altro mondo, lancerà la sfida agli ‘All Blacks? del mare.
Il via alla finale verrà dato dal Comitato di regata mercoledì 10, alle 4 italiane. Previste due regate al giorno. Dopo la pausa di giovedì, si riprenderà venerdì (sempre con due match race, la sfida uno-contro-uno, al giorno) fino a mercoledì 17 marzo (eventuale gara-13). Si veleggerà al meglio delle 13 sfide; chi dei due team arriva per primo a 7 vittorie solleverà al cielo la ‘vecchia brocca’. Tutte le regate della sfida saranno trasmesse in diretta tv su Rai 2, Sky Sport Uno e Sky Sport America’s Cup.
New Zealand detiene l’America’s Cup, il più antico trofeo velico, e farà di tutto per tenerselo, dopo averlo (ri)strappato agli statunitensi di Oracle del potentissimo patron Larry Ellison. Era il 2017 e, nel mare di Bermuda, quella dei ‘kiwi’ neozelandesi, sembrava un’impresa disperata, proprio come appare adesso l’obiettivo di Luna Rossa, se non fosse per l’inguaribile ottimismo dei latini che stride con il pragmatismo anglosassone.
La ‘ciurma’ del capitano Max Sirena promette battaglia, assalti
a ogni refolo di vento: più che tagliarle, le onde, questi monoscafi le sorvolano. E lo fanno a velocità supersonica, con punte che possono superare i 100 km/h (ben oltre i 50 nodi). La Luna schiera due timonieri, Francesco ‘Checco’ Bruni, palermitano, e l’australiano James Spithill, detto ‘Spitbull’, per la grinta che esprime nelle fasi di partenza; i ‘ kiwi’ si affideranno al proprio estro e alla profonda conoscenza di tutto quanto li circonda.
Più che barche, a vederle, sembrano automobili: mai come adesso il soprannome di Formula 1 del mare calza a pennello. Sono gli AC75 (75 piedi, appunto, ndr), le barche a vela realizzate per la campagna della 36/a America’s Cup che lotteranno nella sfida più antica a vela. Questi monoscafi, lunghi esattamente 22,86 metri, dispiegano ali (foil) sottilissime, ma robuste, che garantiscono prestazioni di alto profilo: per il loro utilizzo servono sofisticate trasmissioni di dati, ma soprattutto un sincronismo da batterista fra gli uomini dell’equipaggio.
E’ l’intelligenza artificiale adesso, assieme a quella umana, a dettare tempi e strategie. Furono proprio i neozelandesi a inventare questi monoscafi volanti, rivoluzionando un mondo che digerisce a stento i cambiamenti, salvo poi assimilarli, adeguandosi a un’evoluzione progettistica che è nel DNA stesso della competizione sportiva. Elettronica, ma non solo, strategie che vanno di pari passo con il fato e la casualità. A volte, per cambiare il mondo, basta uno sbuffo di Eolo e il gioco è fatto. Queste barche piacciono assai e
garantiscono spettacolo.
Gli equipaggi a bordo sono formati da 11 persone, cinque sul lato destro e cinque sul sinistro, con un uomo che si sposta a seconda delle esigenze. Dai 960 a 990 chili il peso complessivo della barca, attrezzature e velisti compresi. Luna Rossa – che espone il guidone del Circolo della Vela Sicilia di Palermo, presieduto da Agostino Randazzo – è stato il primo team, il mese scorso, a mettere le mani sulla Prada Cup, che venne svelata tre anni fa a Montecarlo, in una tiepida sera d’autunno. “Basta crederci”, disse il patron Patrizio Bertelli, uno che la Coppa America se la sogna pure di notte e chissà cosa darebbe per portarla in Italia, dove non è mai approdata.
“Abbiamo tanta pressione addosso e nulla da perdere, a questo punto della competizione: siamo pronti a giocarci tutto per questa vittoria e lo faremo senza alcun risparmio di energie. Sappiamo che i neozelandesi sono veloci, li abbiamo incontrati e osservati, ma
non ho la palla di cristallo per dire chi di noi sia davvero il più veloce. Lo vedremo da domani. La partenza è importante, ma
anche il resto della regata”. Così Max Sirena, skipper di Luna Rossa, poche ore dalla prima regata della finale che metterà in palio la 36/a America’s Cup di vela, ad Auckland (Nuova Zelanda).
“L’avventura in Coppa America fa parte di un processo di progettazione, ci preoccupiamo di tutti gli aspetti – ha proseguito Sirena -. I due timonieri a bordo? Si completano a vicenda: c’è voluto un po’ di tempo, ma siamo riusciti a farli funzionare. Bruni e Spithill hanno caratteri diversi, ma sono accomunati da un grande talento”.
LA STORIA. La Coppa America (‘Auld Mug’) venne messa in palio per la prima volta nel 1851 e da quel momento è stato conteso da una parte all’altra del mondo come fosse il ‘Sacro Graal dello sport. La prima sfida italiana risale all’ormai lontano 1983, ai tempi di Azzurra (barca ammiraglia dello Yacht Club Costa Smeralda, armatori Gianni Agnelli e Riccardo Bonadeo), che venne affidata allo skipper Cino Ricci e al timoniere Mauro Pelaschier. Nel 1992 i velisti del Moro di Venezia, del duo Raul Gardini-Paul Cayard, furono i primi non anglosassoni a conquistare la Louis Vuitton Cup, il trofeo degli sfidanti che, da quest’anno, ha cambiato nome, divenendo Prada Cup, a causa del disimpegno della ‘Maison francaise’.
La 36/a America’s Cup verrà contesa da New Zealand e Luna
Rossa, ma non è una finale inedita. Anzi. I due team si ritrovarono di fronte anche nel 2000, sempre fra le onde della baia di Auckland. In quella circostanza la ‘Luna’ venne sconfitta nettamente per 5-0 dai ‘kiwi’ del fuoriclasse Russell Coutts che lasciò le briciole all’equipaggio – sicuramente meno esperto – capeggiato da Francesco De Angelis. Luna Rossa venne battuta nuovamente da New Zealand nel 2007, nel mare di Valencia, ma ‘solo’ nella finale della Louis Vuitton Cup. I neozelandesi si sarebbero arresi ad Alinghi del patron Ernesto Bertarelli – come era già accaduto nel 2003 ad Auckland.

di ADOLFO FANTACCINI