L’autore nella sua opera mette in evidenza la figura di san Giuseppe quale padre di Cristo, ma anche padre nostro, cui ricorrere nei nostri bisogni, ripercorrendone la vita. San Giuseppe nel suo silenzio è visto come maestro di vita interiore, sotto il cui patrocinio si ottengono i frutti efficaci del suo potere.
Santa Teresa d’Avila nella sua autobiografia diceva: <>. Il professore Salvatore Carmelo Piazza, allo stesso modo, vuole evidenziare la figura del santo Patriarca quale maestro di vita, consigliandone la devozione, e invitandoci a seguire l’esempio di Giuseppe, uomo giusto e casto sposo tramite il quale si è realizzato il disegno divino.
Per Piazza la devozione a san Giuseppe non è pura abitudine, ma vera pietà in cui è viva la presenza di Dio. Egli ci invita a praticare una devozione particolare e costante verso questo Santo, sulla scia delle preghiere imparate da bambino e recitate con la stessa semplicità di allora. E’ un testo semplice, ma al contempo complesso per le sfumature teologiche, drammaticità dei dialoghi e delle considerazioni.
La figura di San Giuseppe qui è quella di un uomo discreto, conscio del Mistero: accanto alla Madre di Dio ha aspettato con impazienza il Bambino. Dopo l’editto di Cesare Augusto, ha saputo camminare assieme a Maria alla volta di Betlemme, da buon marito e futuro padre.
Il professore Piazza focalizza l’attenzione inoltre su san Giuseppe lavoratore nella propria bottega assieme a Gesù adolescente e giovane.
La loru casuzza sistimaru, ‘nta a prima stanza, appena si trasia, finalmenti lu mastru Giuseppi avviò la so bedda falegnameria
Giuseppi lu misteri c’ insignò, e foru iorna curunati d’amuri e paci.
San Giuseppe considera il lavoro una benedizione di Dio che apporta pace e amore, essendo la più grande vocazione dell’uomo. San Giuseppe non cerca lode per il suo lavoro, non opera con superficialità.
Piazza mette in rilievo la Sacra Famiglia che prende il Bambino e si mette subito in viaggio senza chiedersi nulla, di notte: san Giuseppe è pronto, non si fa domande e non cerca scuse: ubbidisce all’angelo con prontezza e il dovuto timore d’uomo. Si prende cura del Nascituro e della Moglie. E già un contemplare in Bambino assieme a Maria. E’ un invito alla vita e al dovere di padre e di marito: è la celebrazione della famiglia cristiana.
Dissi “sia fatta la Vuluntà di Diu!” pigliò Maria, lu Bamminu e li so arnisi, siddò lu sceccu e abbannunò lu paisi. 98 Caminaru iornu e notti silinziusi, timevinu pi la vita di Gesuzzu, Timurusi iavanu a cori afflittu, finu a quannu arrivaru ‘nta l’Eggittu.
……
Vinni lu iornu di lu censimentu, e Giuseppe cu Maria ‘ncummarata, porta fasci panni e biancheria, pi la sacra nascita ca vinia. Giunti foru a Bettilemmi; San Giuseppi a tanti porti tuppulia ognarunu ci dicia “nun c’è postu ne pi idda e ne pi tia”.
Comu fari, unni truvari un postu pi la gran Signura generari, Giuseppi cunfunnutu a Diu
Per Piazza quindi non si può immaginare Gesù senza Maria e Giuseppe: Essi ci invitano ad amarLo. La venerazione per san Giuseppe nell’opera è plurima: sono tanti i motivi per venerarlo e per farne esempio nella nostra vita: la sua purezza, il suo lavoro la sua fede, la sua Famiglia, il suo essere Sposo casto.
L’autore ci fa immaginare il Bambino in braccio a san Giuseppe: lo accudisce con purezza. Col suo esempio, ci ha insegnato ad accudire Gesù, a seguirLo spiritualmente. A prostrarci dinanzi a Lui.
Giuseppe, figlio di David tu vedesti il Dio – con – noi:
coi pastori hai reso lode con i Magi ti prostrasti.
Il professore Piazza ci invita ad amare san Giuseppe con tutto il cuore, come Giuseppe ha amato Maria: ci invita ad avere anche noi lo stesso legame che il santo Patriarca ebbe con il Signore. E ad abbandonarci alla Volontà di Dio.
Il glorioso Transito di san Giuseppe è quasi una scena cinematografica: il Figlio stringe le mani del padre putativo mentre prega per lui il Padre che è nei cieli:
Giuseppi l’omu giustu tinia li so manu stritti ‘nta li manu di Gesu, pirdunu ci dicia a cori apertu e sa raccumnnava a lu Maistru dilettu. 116 Gesù su strinciu ‘nta lu pettu e cu cori afflatu ci dicia: “o Giuseppi fusti patri tu pi mia, lu paradisu tocca a tia.
Molto commoventi e ispirate le parole estreme di san Giuseppe a Maria e Gesù:
Mentri Maria lu taliava, iddu ci parrava e ci dicia: o Maria fusti tu la gioia mia sugnu spusu immiritatu di tia.
Si o miu eternu amuri si amata spusa mia iu ebbi la gioia e l’ onuri addivintari patri di Gesu’ grazi a tia.
Ora iu vi lassu, e un mi spaventu lassu sta terra a cori cuntentu, pirchi’ cu tia Gesu e cu tia o Maria la me parti iu la fici di servu di Dia.
E l’antico patto ci ricorda l’eternu portu. L’opera di Piazza si segnala inoltre per le orazioni, i canti con testi e musiche dello stesso autore. Non si tratta di una semplice riduzione poetica, di sola pura fantasia, ma è pregna di riferimenti biblici e teologici di alto livello che mostrano la conoscenza e la preparazione dell’autore. Ortodossia, teologia e poesia si fondono e danno vita a quest’opera che certamente toccherà il cuore e il diletto del lettore-spettatore. Grazie ancora prof .Piazza: ci trasporti nelle alte sfere della preghiera e ci ricordi la via che porta al Divino.
Salvatore Mantia