A partire dagli anni Venti del secolo scorso sino ai giorni nostri, le campagne di scavo condotte a Cefalù e nel suo territorio hanno restituito testimonianze materiali e reperti archeologici che, per quantità e qualità, basterebbero a giustificare l’istituzione di un Civico Museo Archeologico deputato a raccontare la storia millenaria della Città.
Ma vi è un altro ingente patrimonio storico-archeologico, disseminato, in particolare, tra l’Antiquarium di Imera e il “Salinas” di Palermo, che ancora oggi aspetta di far rientro a casa: sarebbe, infatti, quanto mai opportuno, qualora si intendesse proseguire in questa direzione, che, «nell’ambito di un costruttivo rapporto di collaborazione istituzionale, possa essere avviato un proficuo dialogo con i competenti organi regionali per verificare se ricorrano i presupposti e le condizioni per il [loro] trasferimento a Cefalù» (cfr. Rosario Ilardo, L’Eccelsa Rupe, OSM, Palermo, 2013).
Si pensi, limitando l’indagine al solo Museo regionale “Salinas”, che, al buio dei suoi depositi, giacciono da decenni, rinchiusi in una ventina di contenitori, interessantissimi reperti archeologici rinvenuti nelle due grotte delle Giumente e dei Colombi, vere e proprie “stazioni preistoriche”, che rappresentano «l’archivio storico della Rocca di Cefalù», oltre a resti e avanzi di ossa di Elephas e di Hippopotamus trovati inglobati in una “breccia” a destra dell’entrata della grotta delle Giumente (cfr. R. Ilardo, L’Eccelsa Rupe). L’analisi approfondita di questi reperti consentirebbe agli studiosi di poter far luce sul passato più remoto di Cefalù, colmando quei vuoti e quelle lacune che si trascinano da parecchi lustri.
Su tutti, poi, spicca un reperto originale e unico nel suo genere in Sicilia, uno “scarabeo egizio del cuore”, fortuitamente ritrovato, sul finire degli anni Trenta, «al di sotto del Tempio di Diana», di datazione ancora incerta e dibattuta, che rappresenta «forse il ritrovamento più sensazionale fra quelli avvenuti sino ad oggi sulla Rocca, sicuramente quello di più forte impatto emotivo sull’immaginario collettivo» (R. Ilardo, L’Eccelsa Rupe): il prezioso reperto, rimasto obliterato per più di 80 anni nel segreto di un caveau del museo regionale, solo di recente è stato rivalutato ed esposto nelle sale museali, sulla spinta delle ricerche condotte dal dott. Rosario Ilardo.
L’idea, quindi, di istituire un museo archeologico a Cefalù appare non solo ragionevole, ma legittima. Dove, però, impiantare un museo che abbia una sua dignità, oltre che una sua identità?
Anni addietro si era fatta strada l’idea di sfruttare i locali di proprietà comunale dell’ex convento dell’Itria, che sorgono a ridosso della scogliera di Capo Marchiafava: il tasso di umidità elevatissimo e l’azione corrosiva della salsedine avrebbero finito, a nostro avviso, col consumare, come la ruggine inesorabilmente fa con il ferro, finanche gli espositori, oltre che gli stessi reperti!
Ultimamente, l’Archeoclub di Cefalù ha individuato, come sede più appropriata, gli ex locali dell’ENEL (un po’ anonimi, per la verità), che si affacciano sulla Piazza Cristoforo Colombo, immobile da poco acquistato dal Comune.

Accogliendo l’appello pubblico che l’Archeoclub di Cefalù ha indirizzato ai cittadini e alle associazioni locali, noi, come adulti scout, ci sentiamo di prospettare una diversa soluzione.
Nel cuore del centro storico, in posizione felicissima, al cospetto della regale bellezza dell’Osterio Magno e dirimpetto all’antico mercato del pesce, che, secondo il progetto di recupero della civica amministrazione, sarà a breve trasformato in luogo di aggregazione sociale, restituendo la vitalità perduta ad uno dei quartieri più suggestivi di Cefalù, si staglia, fra due austere colonne scanalate, il solenne portale d’ingresso ad arco a tutto sesto dell’ex casa comunale, oggi in disuso. Il palazzo, «per la sua centralità, la dignità e la monumentalità della sede, [ben si presterebbe] ad accogliere una collezione permanente di tutti i reperti rinvenuti nel territorio comunale» (cfr. R. Ilardo, L’Eccelsa Rupe).
L’edificio (ca. 500 mq su due livelli, ad angolo tra la via Giovanni Amendola e il corso Ruggero), una volta riattato, conferirebbe, con tutto il suo carico di memoria civile e politica, lustro, rinomanza e prestigio alla Città, riqualificandone il centro storico.


Lorenzo Ilardo
Magister Comunità MASCI di Cefalù